La campagna dei vescovi No Trivelle in mare
Digiuno e preghiera in piazza San Pietro contro le trivelle e per l'acqua pubblica. Ottanta diocesi insieme, sabato 2 aprile alle ore 12 sotto la finestra del papa, per attirare l'attenzione sul referendum del 17 aprile. Una mobilitazione che cresce giorno dopo giorno all'interno della Chiesa. E dopo il vescovo di Catanzaro, Vincenzo Bertolone – «la Chiesa non si impiccia ma non rimane sorda e muta» –, la pastorale del Piemonte – «le coste sono un patrimonio di tutti» –, le diocesi dell'Abruzzo e del Molise, anche l'arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, e quelli di Ugento e Trani invitano a votare «sì». Lorenzo Ghisleri, vescovo di Ravenna, città dove è importante l'indotto petrolifero, invece dice: «Non intendo esprimermi».
Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, torna a lanciare un appello al governo «a creare luoghi seri di confronto evitando semplificazioni e scomuniche contrapposte». Galantino ricorda le parole del papa «nella Laudato si', ad andare oltre le posizioni attualmente acquisite per la produzione dell'energia. Poi ci sono i pronunciamenti dei singoli vescovi rivolti alle comunità locali che sono direttamente interessate dal problema». «Da parte della Cei – chiarisce – chiediamo da tempo che ci si confronti di più per arrivare a soluzioni condivise, perché sta venendo meno il coraggio di andare oltre la cultura del "sì o no"». C'è ancora tempo? «Non so – dice –, però l’enciclica del papa c'è da molto tempo. Se non lo facciamo mai ci troveremo un'altra volta a questo stesso punto». Il governo ha già deciso. Dunque? «Il governo deve dare la soluzione, ma è sua responsabilità creare luoghi di confronto».
Le posizioni fra la gente comune non sono da sottovalutare. «L'età del petrolio è finita se vogliamo salvarci su questo pianeta», sintetizza padre Alex Zanotelli, comboniano, che ha aderito all'invito della Rete interdiocesana per i nuovi stili di vita. Padre Alex, sabato 2 aprile, sarà in piazza San Pietro «per aiutare la gente a capire che bisogna dire basta. L'ultimo quesito rimasto è sufficiente – spiega – per inviare un messaggio: non si può più continuare a trivellare per mare e per terra. Cercheremo anche di far capire che, dopo tanto faticare per cinque anni, il ministro Madia ha vanificato il referendum favorevole all'acqua pubblica e non commercializzabile, cancellando l’art.6 della legge».
«La nostra azione pastorale comporta il bene della persona, e quindi anche la difesa della vita e del territorio – spiega il vescovo di Taranto –. Soprattutto dopo la Laudato si', questo impegno non può essere un optional – dice –. Sono contro le trivelle. Perché sono vescovo di Mazara del Vallo e di Pantelleria e mi rendo conto che se dovesse accadere qualche incidente (cosa non improbabile) il Mediterraneo, che è un mare chiuso, sarebbe morto per sempre», dice monsignor Mogavero.
Pessimista? «No. Con i siti di trivellazione o con il trasporto, di incidenti ne sono successi dappertutto e garanzie che da noi non accadano non ce ne sono. E il nostro non è il Mare del Nord. Da risorsa naturale si trasformerebbe in una tomba a fronte di un vantaggio che non risolve la nostra situazione energetica. E poi più si mantiene in vita questo sistema e meno ricerche in fonti di energia diverse ci saranno».
Un coro di «sì»: è questa la posizione della Chiesa? «La Chiesa è un corpo grande – risponde il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio –, però soprattutto da parte della Chiesa del Sud, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria, è venuto un segnale molto forte e preciso di resistere a pratiche che non contemplino il rispetto profondo della natura e delle vocazioni economiche e culturali dei territori. Tutti gli elementi chiedono di riflettere bene sull'utilizzo delle energie fossili, anche alla luce della conferenza sul clima di Parigi. E del resto non si può applaudire all'Enciclica Laudato si' dicendo "che bello, che giusto". E poi fare finta di nulla».