La bioetica o le bioetiche?

Lo straordinario progresso delle biotecnologie porta con sé grandi interrogativi etici. Il bisogno di definire le regole condivise ha determinato la nascita di una nuova disciplina, la bioetica. O meglio, di svariate bioetiche. Come ci spiega Pietro Greco, tra gli autori del volume “Eugenetica” di Città Nuova.

Non lasciatevi ingannare dall’acronimo, difficile anche solo da pronunciare: CRISPR/Cas9. Né dal­la giovane età: meno di quattro anni, essendo stata messa a punto nel 2012 tra Berkeley e San Franci­sco, in California. La tecnica ha già le caratteristiche per sgominare tutte le altre e produrre l’ennesima rivoluzione in biologia e in medicina, dalle biotec­nologie rosse alla terapia genica, per il semplice motivo che – come ha scritto la rivista «Nature» – è una tecnica economica, veloce e facile da usare.

Eppure, o proprio per questo, la CRISPR/Cas9 è già al centro di polemiche al calor bianco. Per­ché, come ha scritto «The Economist», secondo alcuni promette e secondo altri minaccia l’editing humanity, di riscrivere l’uomo modificando a pia­cere il suo DNA. Non sorprende, dunque, che la nuova biotecnologia divida ancora una volta laici e cattolici sul fronte, sempre caldo, della bioetica.

Ma, prima di verificare se davvero questa e altre innovazioni possano spalancare una nuova porta all’eugenetica e se quest’ultima prospettiva sia desiderabile, conviene ricordare che viviamo in una società “multietica” in cui si confrontano modi opposti, tanto legittimi quanto irriducibili, di leggere i medesimi fatti. E che questi modi si confrontano soprattutto lungo il confine tra etica e biologia, producendo visioni del futuro (qualcu­no dice necessariamente) opposte.

Per cui, prima di passare in rassegna le nuove biotecnologie e i loro possibili effetti, desiderabili o meno, conviene dare uno sguardo a quel ramo, relativamente nuovo, della filosofia applicata che chiamiamo bioetica.

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Il bisogno di nuove regole e il venir meno di un punto di riferimento etico universale hanno fatto nascere la bioetica. O meglio, le bioetiche.

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Ma, al di là dei problemi di datazione delle ori­gini, resta il fatto che la bioetica si è sviluppata a partire dagli anni ’70 del secolo scorso come di­sciplina che studia le conseguenze etiche che pro­duce la ricerca biomedica in relazione alla nascita, alla cura e alla morte soprattutto (ma non solo) degli esseri umani.

Lo sviluppo di queste riflessioni ha generato non una, ma svariate bioetiche. E, come sostiene Engelhardt, il nodo da sciogliere oggi non è qua­le bioetica la società debba darsi, ma come creare una società “multietica”, in cui convivano senza conflitti dilanianti diversi approcci bioetici.

Questi diversi poli etici si articolano intorno a due grandi dimensioni.

Una è quella relativa alla prassi bioetica (la bio­etica è spesso definita etica applicata). Alcuni pen­sano che nella pratica il ruolo della bioetica debba essere quello (negativo) di mettere le briglie alla libertà di ricerca scientifica e di innovazione tec­nologica che, lasciate a se stesse, possono rivelarsi causa di gravi danni, fisici e spirituali, per l’uomo. Altri pensano che nella pratica la bioetica debba invece assolvere a una funzione positiva, come di­sciplina che può aiutare la biologia e la medicina a incrementare la loro capacità di promuovere lo sviluppo, fisico e spirituale, dell’uomo: non a caso Rensselaer Potter parlava di bioetica come Bridge to the Future, ponte verso il futuro.

La seconda dimensione riguarda i fondamenti teorici della bioetica. Secondo un approccio che potremmo definire giusnaturalistico, esiste un or­dine naturale creato da Dio e i principi della bioe­tica, assoluti e immutabili, sono inscritti ab initio in quest’ordine. Nel ramo giusnaturalistico è possibile riconoscere l’approccio della “bioetica cattolica”.

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Secondo un approccio più laico (conforme­mente a uno degli approcci prevalenti tra i laici, perché anche i laici hanno diverse visioni), i prin­cipi della bioetica non sono affatto assoluti e im­mutabili, ma sono il prodotto della cultura umana. E, proprio come la cultura umana, hanno una di­mensione storica e intrinsecamente evolutiva.

Nel primo caso, quello della “bioetica cattoli­ca”, compito dei bioeticisti è “scoprire” i principi dell’ordine naturale, per preservarli. Nel secondo caso, quello della “bioetica laica”, compito dei bioeticisti è quello di contribuire a definire un insieme strutturalmente contingente (storico, ap­punto) di regole per il governo concreto e locale delle conoscenze scientifiche e delle innovazioni tecnologiche.

EUGENETICA di Pietro Greco, Umberto Galimberti, Mario De Caro, Laura Palazzani, Giuseppe Noia, Paolo Benanti.

 

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