La Biennale Danza per abitare il mondo

Si sperimenta in tutti gli angoli della città lagunare sul movimento e sulle coreografie. Virgilio Sieni, curatore della rassegna, lega le vicissitudini della contemporaneità all'arte del gesto coinvolgendo gli spettatori che possono essere semplici passanti o addetti ai lavori
Giocolieri alla biennale danza di Venezia

La polis che accoglie il corpo. Potrebbe essere questa la sintesi poetica e pratica del progetto pensato dal coreografo Virgilio Sieni (appena insignito del titolo Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres, onorificenza del Ministero della Cultura francese), alla sua prima direzione artistica della Biennale Danza di Venezia. La danza, cioè, che esce fuori dai luoghi canonici per estendersi e radicarsi nel territorio e coinvolge la città non solo come spettatrice ma come partecipe dell’evento. Così, concepita in diversi capitoli di un unico racconto dal titolo Abitare il mondo– trasmissioni e pratiche, la danza si mette in dialogo con le questioni della contemporaneità, snodandosi per la cittàtra campielli, campi, calle, dentro palazzi storici e luoghi canonici, invitando spettatori appassionati, addetti ai lavori, turisti e gente comune a partecipare ad una visione inedita di performance dalle diverse modalità.

Ci sono quelle dentro le teche trasparenti di Nora Chipaumire,  c’è l’americana Eleanor Bauer, l’israeliana Iris Erez, la bolognese Simona Bertozzi e Cristina Rizzo, che hanno dato prova di resistenza fisica ed emotiva danzando e sostando per alcune ore nel cubo di vetro seguendo la fragilità del declinare del tempo e la ricerca di relazione.

Le donne sono protagoniste delle Visitazioni insieme alle merlettaie veneziane guidate da Ambra Senatore. Ci sono dodici coppie di madri e figli che, nel prato delle Gaggiandre all’Arsenale, lentamente tracciano una mappa di gesti semplici: comunicazione affettiva e fisica, che è scambio e trasmissione di conoscenza e sentimenti di reciprocità, di ascolto, di disciplina dello spirito. Questo Agorà, che ha coinvolto anche le donne dell’Ilva è stato concepito e coordinato da Sieni con tre generazioni di interpreti: bambini, danzatori, anziani. Nella sezione Prima Danza si sono visti coppie e terzetti di adolescenti dare prova di una sorprendente padronanza del gesto contemporaneo che manifestano, in qualcuno, un talento già in atto.

Tra le “Invenzioni” da segnalare il lavoro di Michele Di Stefano con la sua compagnia Mk che ha presentato “Impressions d’Afrique, dove l’Africa irreale prefigurata da Raymond Roussel nell’omonimo testo è in realtà un nuovo tassello della ricerca sul movimento, la dinamica e la postura dei corpi, rimodulato però su un altro luogo: Venezia. Una nota a parte merita il lavoro di Alessandro Sciarroni sui concetti di sforzo, costanza, resistenza e presente con due titoli “I wanna dance with somebody” e “Death in venice version” (nella foto). In quest’ultimo, un primo studio site specific, si concentra sulla giocoleria. «L’idea – dichiara – è spogliare quest’arte circense dagli stereotipi cui viene comunemente associata nell’immaginario collettivo ed esplorarla in quanto pratica». Costruisce così un’originale partitura coreografica con quattro giovani abilissimi giocolieri che facendo volteggiare le rispettive mazze ne aumenteranno via via il numero creando un ritmo sempre più intenso dettato dal rumore delle prese, dalla velocità del tiro e dal tempo che essi decidono nella relazione. Una sequenza lunga mezz’ora che coinvolge non solo per la perfezione tecnica ma soprattutto per l’originale bellezza del gesto capace di diventare autentica partitura coreografica.

All’entusiasmo dell’esperimento di questa prima Biennale Danza firmata Virgilio Sieni e segnata dalla predominanza dell’aspetto laboratoriale e formativo accanto a maestri, si dovrà forse dare una più consistente organizzazione qualitativa che inglobi spettacoli giunti a maggiore compiutezza.

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