La Bestia della Rete social

La macchina da guerra salviniana è tutt’altro che un caso unico. Ma non è onnipotente
rete social Bestia

Gran parte dei politici oggi in circolazione fanno uso di service particolari, cioè di società di consulenza specializzate nelle campagne sulle reti sociali del web. Anzi, la quasi totalità, perché la politica è cambiata, ma soprattutto è cambiato il ventaglio di strumenti per sostenere le candidature degli uomini e delle donne che si dedicano alla cosa pubblica e debbono affrontare la prova-principe della campagna elettorale. Ora, è noto che, nell’attuale offerta di “luoghi digitali” a disposizione dei candidati, gli algoritmi che regolano il traffico sulla Rete agiscono secondo modalità aggressive – la Bestia –, che sfruttano non solo la “visione” del candidato di turno, ma anche e soprattutto i “buchi” nelle campagne elettorali degli avversari, siano essi partiti o persone in carne ed ossa.

Un alto dirigente della corazzata di Facebook (FB, Instagram e WhatsApp, due miliardi di utenti), Frances Haugon, ha pubblicato migliaia di pagine di studi commissionati dalla sua stessa azienda, ma top secret, che evidenziano i danni dei social su categorie sensibili come bambini e adolescenti. Nello stesso tempo, ha sottolineato come certe modifiche apportate agli algoritmi del gruppo per il quale lavorava accentuino il carattere conflittuale delle “relazioni digitali”. In che modo? Restringendo la cerchia di chi riceve i tuoi messaggi agli amici più stretti che la pensano come te, e ai nemici più acerrimi, che hanno opinioni opposte alle tue, provocando così l’innalzamento del “tono” delle conversazioni e favorendo lo scontro piuttosto che l’incontro. Gravissimo. Facebook sta perdendo utenti, Instagram pure, e crescono pure i problemi tecnici per la complessificazione delle procedure e delle architetture degli algoritmi.

La vicenda di Luca Morisi s’inserisce in questo contesto: con la sua macchina da guerra di giovanissimi esperti di comunicazione social e digitale, da un lustro sostiene la battaglia politica di Matteo Salvini, è l’ideatore della Bestia, con una strategia estremamente aggressiva, volta a intervenire nel dibattito politico in Rete a ogni minimo episodio o dichiarazione atti a mettere in luce la politica del suo capo, enfatizzando l’aggressività e lo scontro, la violenza verbale, inventando iniziative e gesti atti a colpire l’opinione pubblica sensibile ai temi leghisti e salviniani. La deontologia della comunicazione (in particolare del giornalismo) in tale operazione è stata chiusa a chiave in un cassetto: ci si muove così senza scrupolo alcuno. Senza dubbio dietro il successo di Matteo Salvini, c’è stato proprio Luca Morisi e il suo team di smanettatori del web.

La vicenda giudiziaria del consulente social di Salvini sembra avere dissolto, o quasi, la sua Bestia; ma, a ben guardare, il declino dell’immagine salviniana nell’opinioni pubblica era già iniziato, eroso da scelte politiche azzardate, rendendo il leader della Lega più nervoso e di umore instabile. Finché le recenti elezioni amministrative hanno decretato anche numericamente il declino del partito che fu di Bossi. E, guarda caso, sono stati eletti in grandi città dei sindaci “secchioni”, e non più professionisti della visibilità, della comunicazione social, come Sala, Manfredi o Lepore. Persino in una città difficile come Roma, i parziali successi di Gualtieri e Calenda sembrano andare in questa direzione. Torna, in qualche modo, la politica della competenza, di chi lavora sodo e non quella di chi appare? La cicala perde punti e la formica avanza? Si può anche dire così, pur con tutti i distinguo necessari. Anche il centro-destra nel suo complesso sembra orientato in questa direzione più moderata.

Ma mi sembra vi sia da sottolineare un ulteriore elemento nella sconfitta in questi ultimi anni di alcuni affabulatori, in particolare i casi macroscopici dei due Matteo, Salvini e Renzi, che, giunti al 40% di potenziali elettori, al culmine della loro fama sono crollati a cifre tali da escluderli dal vertice del potere, vittime di una sorta di delirio di onnipotenza: in effetti una delle leggi più conosciute dei comunicatori di professioni è quella che evidenzia come la troppa comunicazione, l’eccessivo presenzialismo sui media alla lunga stanchi i cittadini, in particolare quando tale presenza pare più gridata che offerta.

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