La Belle Époque, sperare non è vietato
La speranza non gode di un’ottima fama in questi tempi. Specie quando si sta insieme come coppia da anni, e pur vivendo sotto lo stesso tetto, ognuno di fatto viaggia per conto proprio. Così Victor (Daniel Auteuil), spaesato disegnatore in pensione, ostile al mondo digitale, vive nella nostalgia del passato. Sua moglie Marianne (Fanny Ardant) psicanalista di successo insegue invece il presente e, ferita da un ménage insoddisfacente, si è fatta l’amante. Nessuno dei due è felice, anche se lei all’esterno, è brillante e giovanile.
La situazione si smuove quando un quarantenne pazzoide e geniale, che passa da una donna all’altra, realizza perfette ricostruzioni-set con attori veri di fatti storici o personali per chiunque voglia. Ci si mette di mezzo il figlio della coppia e, attraverso qualche inganno, Victor può partecipare e rivedere il momento magico del suo fatale incontro con Marianne nel maggio 1974 a Lione al caffè La Belle E’poque, che è così il titolo del film diretto da Nicolas Bedos.
La sorpresa è che Victor si innamora dell’attrice che impersona Marianne. Ossia, l’amore antico si rinfresca, il passato ritorna attraverso emozioni in realtà mai spente, ma sepolte in fondo al cuore e che ora all’improvviso resuscitano e colmano di speranza. La vita diventa Vita per Victor e Marianne ne è sconvolta: lui le sta passando avanti, lei con tutta la sua brillantezza e le indagini psicanalitiche è come imprigionata.
Che non sia il momento per i due di riavvicinarsi, di riscoprire che in verità si trattava di un amore che aspettava solo di rinascere e di venire vissuto in modo nuovo?
Nella storia ha una bella parte la figura del figlio che non si rassegna ai due genitori divisi, ma organizza in modo soft la visione dell’antico amore sbocciato a Lione. I figli talvolta hanno più speranza dei genitori.
Il film ruota intorno a due attori superbi come Fanny Ardant e Daniel Auteuil e il regista ha l’intelligenza di lasciarli fare.