La battaglia di Legnano
Musica di Giuseppe Verdi. Roma, Teatro dell’Opera.
Poteva mancare per i 150 anni dell’Unità la più risorgimentale – forse l’unica davvero – delle opere verdiane? E a Roma, per cui fu scritta in fretta da Verdi, per farla rappresentare il 27 gennaio 1849, l’anno della Repubblica romana? Quella sera fu delirio, l’intero terzo atto bissato subito. Oggi, a risentirla, “la tragedia lirica” in quattro svelti atti mostra qualche ruga di troppo. Zeppa di cori “risorgimentali”, scritti talora con la mano sinistra insieme ai recitativi convenzionali, la storia della Lega lombarda contro il Barbarossa è un chiaro messaggio indipendentista e antiaustriaco, che allora – lo si capisce – fece furore. Verdi si accende qua e là, specie nel triangolo amoroso – tenore‑baritono‑soprano – e nella morte in scena di Arrigo, l’eroe protagonista, che gli suscita la sua carta vincente di sempre: la pietà per chi muore.
L’allestimento – regia di Ruggero Cappuccio, scene di Carlo Savi – ha attualizzato la storia in un museo di opere d’arte (Hayez, Paolo Uccello, Velázquez, Leonardo) bisognose (come l’Italia di oggi) di cure… Intelligente. Direzione corrusca di Pinchas Steinberg, bravi i cantanti (il tenore Yonghoon Lee ricorda alla lontana Franco Corelli), ottimi orchestra e coro.