La bancarella delle “robe vece”
Se andate al mercato "Cose di altri tempi" di Piazzola sul Brenta, tra circa mille bancarelle di antiquariato, collezionismo, cose usate, ce n'è una diversa da tutte, la n° 300. La potete riconoscere da un cartello con la scritta: "Il ricavato di questa bancarella è per sostenere azioni di solidarietà". Se comprate qualcosa, vi viene consegnato un biglietto che spiega come il ricavato della vendita venga devoluto per progetti di adozioni a distanza.
L'idea della bancarella venne ad alcune famiglie del movimento Famiglie Nuove, che vollero mettere a frutto oggetti regalati loro perché se ne realizzasse un ricavato a scopo di beneficenza. Il mercato mensile delle "cose d'altri tempi" di Piazzola sul Brenta, tra Padova e Bassano del Grappa, parve il luogo giusto. Quello di Piazzola è ormai uno dei mercatini d'antiquariato più grandi del nord Italia, ospitato nella splendida cornice di una imponente villa settecentesca, Villa Contarini, e dalle circostanti logge palladiane. La gestione della bancarella fu affidata a Ornella ed Enrico Zago, insieme ad altre famiglie di paesi vicini. Da allora essi sono il fulcro attorno a cui si muove questa singolare esperienza di solidarietà. Iniziarono mettendo a disposizione uno spazio sotto casa, nella sede dell'attività artigianale di famiglia. Qui cominciarono ad arrivare i primi oggetti, alcuni mobili antichi, capi di biancheria "della nonna", un servizio di posate d'argento, piccoli elettrodomestici, quadri, dischi, soprammobili. E l'avventura incominciò l'ultima domenica di novembre del 1999, dopo le difficoltà del procurarsi le autorizzazioni, i vari permessi e, non ultimo, farsi assegnare un posto nella piazza gremita di bancarelle.
L'accoglienza degli altri espositori fu un po' fredda (per l'arrivo di altri venditori) e un po' ammirata (per le motivazioni no profit dell'iniziativa). Con una certa emozione, videro avvicinarsi i primi acquirenti; cominciarono così gli episodi curiosi ed edificanti di cui la storia della bancarella è ormai intessuta. La solidarietà è contagiosa: è questa forse la sintesi dell'esperienza. Racconta Wilma Sandini: "Spesso ci congratuliamo con chi ha acquistato qualcosa dicendogli che l'affare fatto è doppio: primo, perché ha acquistato un bell'oggetto a un prezzo modesto; secondo, il più importante, ha contribuito a togliere dalla strada un bambino, dandogli la possibilità di un futuro dignitoso. E molti sono quelli che offrono qualcosa di più. È comunque amore ciò che cerchiamo di offrire". E Roberto Cusinato: "Temevamo di doverci occupare solo di cianfrusaglie, ma una volta iniziato abbiamo capito che la gente apprezzava i nostri oggetti".
Aumentano i clienti fissi. C'è ormai qualcuno che prima di iniziare il giro del mercatino passa da noi per comprare qualcosa subito. Ci pare importante spiegare il perché di quest'azione, e che il ricavato è per scopi benefici; non è raro che, solo per questo, qualcuno ci lasci anche delle offerte". "Un giorno – interviene la moglie Pia – è venuta una signora con degli oggetti di valore da vendere. Non potevamo comprarli, e le abbiamo spiegato che tutto ci era regalato; dopo dieci minuti è tornata con due scatoloni pieni: tutta roba regalata!". Una giovane coppia, dall'aria abbastanza modesta, si fermò una volta per comperare una borsa. Racconta ancora Wilma: "Alla richiesta del prezzo, rispondemmo che decidessero loro; spiegammo che lavoravamo per le adozioni a distanza e potevano sentirsi liberi di dare un contributo anche piccolo. Con nostra sorpresa ci offrirono il quadruplo del prezzo esposto. Replicammo che non potevamo accettare, e il ragazzo, con un sorriso, ci spiegò che era il suo compleanno e voleva regalarsi una buona azione"". E Ornella: "Abbiamo ormai un ricco rapporto con i nostri vicini di bancarella. Giovanni e la sua compagna straniera, ad esempio, sono con noi dall'alba al tramonto di ogni ultima domenica del mese. Un giorno vedono avvicinarsi al nostro banco due nostri amici di Trento. Tra l'altro, avevano appena cercato di comprare qualcosa da loro. Glieli presento e racconto che era stata anche loro l'idea della bancarella, e che in agosto sarebbero tornati in Madagascar dove era attivo un progetto di sostegno a distanza per i bambini poveri e le loro famiglie: la bancarella serviva anche per quello. Giovanni si rallegra, poi prende le applique cui Luigi e Lucia s'erano interessati e decide di vendergliele ad un ottimo prezzo. Era contento, disse, anche di non guadagnarci niente; lo faceva solo perché conosceva noi, la nostra iniziativa, ed era proprio felice di un gesto gentile nei nostri riguardi. Giovanni ed Olga, poi, sono venuti anche alla sagra del nostro paese, a casa nostra e ci hanno invitato da loro".
Anna è una rivenditrice con cui c'erano stati problemi all'inizio, perché voleva il posto assegnato a noi. Ora c'è un bel rapporto di amicizia. Ogni mese passa a casa nostra per vedere in anteprima e comprare i nuovi arrivi, e anche prima di iniziare il mercatino viene a dare un'occhiata e compra sempre qualcosa. Tempo fa, dato che tra noi famiglie facciamo girare le cose che usiamo, le ho trovato e regalato una carrozzina e un seggiolino per un bambino appena nato". Al mercoledì pomeriggio, nel garage di casa Zago, Ornella, Pia, Morena, Wilma, Fedora, Adriano, Giuliana, Caridad e altri ancora si ritrovano attorno a un tavolo ad aprire pacchi, mettere in ordine, valutare e dare un prezzo alle cose da portare al mercato, mentre i loro bambini ne approfittano per giocare insieme. È un momento magico, come dice Giuseppe Chemello: "Sembra di tornare ai vecchi filò, le antiche riunioni di vicini nelle case di campagna, a chiacchierare facendo insieme qualche lavoro. Arrivano oggetti spesso modesti, ma ricchi di valore affettivo. Sfoglio, talvolta, qualche vecchio "libro di preghiere" e trovo qualche santino, qualche cartolina illustrata che parlano di vita e di affetti vissuti. E gli oggetti, visti in questa luce, rivivono. Arrivano cestini da lavoro, con gomitoli di lana e ferri, la scatola degli aghi, del filo e dei bottoni ove sono raccolte anche medagliette sacre o qualche corona di rosario ormai consunta. E piccoli attrezzi dei nonni: cacciaviti, succhielli, martelli, chiavi ecc. con le scatole delle viti e dei chiodi, cose utili in casa. "È incoraggiante – dice Giuseppe – ridare dignità a tanti oggetti che, abbandonati nelle soffitte, torneranno a vivere in altre case, in altre situazioni, con persone del nostro tempo".
Tra le cose che arrivano, alcune non troveranno posto sulla bancarella e dovranno essere vendute attraverso annunci sulle riviste. Così succede per porte, letti, materassi, mobili, macchine da maglieria e da cucire, lampade abbronzanti, lampadari, tende da campeggio, eccetera. La gente telefona, viene, compra e ci chiede spesso notizie sull'oggetto. Ed ogni volta spieghiamo che sono regali, che il ricavato va in beneficenza, che siamo diventati un centro di raccolta per solidarietà verso i bambini, sempre è l'inizio di rapporti nuovi". Ornella racconta: "Ero andata a ritirare delle cose da una signora che stava restaurando casa; dopo qualche giorno telefona offrendomi il portone esterno del suo palazzo. Per le dimensioni ed il genere era senz'altro un oggetto che non potevamo vendere. Mi parve però opportuno farmi carico del suo problema; misi un'inserzione sul solito giornale, ma nessuno telefonava. Ci chiamò dopo un po' signora per dirci che aveva venduto il portone al muratore che lavorava a casa sua. Le spiaceva di non averlo dato a noi e mi pregava di passare da lei almeno" a prendere i soldi. Mi consegnò proprio la busta e mi abbracciò. E pensa che era solo la solo la seconda volta che vedevamo quella signora ". "Insomma, è straordinario quello che si è creato attorno a noi – continua Ornella -; non facciamo in tempo a chiedere una cosa che subito arriva e viene venduta. Con questo giro, oltre ai progetti di sostegno a distanza Amu-Famiglie Nuove, abbiamo conosciuto e aiutato numerosi extracomunitari: rumeni, marocchini, tunisini, moldavi, ungheresi, ma anche molti italiani, perché la solidarietà è un fuoco e scalda dappertutto. Questo ci riempie il cuore di gioia. Siamo un gruppetto di famiglie affiatate che lavora bene insieme e non pesa farlo. Anche se questa attività costa tempo, è molto più quello che ci dona e che costruisce dentro noi e tra di noi".