La balena bianca

Nell’isola del Giglio si respira la tragedia tra l’invasione dei media e la solidarietà della popolazione
Costa Concordia

Arrivare all’Isola del Giglio non lascia indifferenti. Si respira la tragedia. Assistere da vicino all’agonia della balena bianca dell’immensa nave Costa Condordia è uno spettacolo terribile tanto è vicina alla terra, tanto appare sospesa in un’altra dimensione. È la stessa precarietà della vita che rimbalza nelle notizie di questi giorni. A poppa i sommozzatori della Guardia Costiera trovano un altro cadavere. È una donna, tra i 30 e i 45 anni, porta un collier d’oro al collo e un paio di anelli alla mano. Ha dei capelli lunghi neri fluttuanti. Si parla, forse, di una vittima ungherese, forse clandestina non registrata a bordo, ma nessuno la riconosce con certezza. Sono operazioni lunghe e complesse. I sommozzatori dentro la nave perdono il senso dell’orientamento e si calano nell’acqua con una lunga corda che si snoda nel percorso, il classico filo di Arianna, che gli permetterà di tornare indietro. I vigili del fuoco che si addentrano nella parte emersa sanno che ogni giorno può essere l’ultimo della loro vita. Ci vogliono anche 45 minuti per risalire e, in quel lasso di tempo, se la nave si muove e affonda non c’è più il tempo di salvarsi.

 

La notte del naufragio, gli addetti ai lavori, raccontano che c’è stata una grande collaborazione tra tutte le forze dell’ordine arrivate in massa con ogni mezzo. Parlano, di notte, al bar, sono vigili del fuoco, della guardia costiera, ma non vogliono essere citati, non possono parlare con i giornalisti.

Secondo una compagnia olandese, esperta in software per la navigazione, il comandante Schettino con una manovra tutta marinaresca ha salvato la nave e i passeggeri, ma i marinai del posto dicono che la Costa Concordia è arrivata a riva per semplice inerzia. Guardando il mare appare l’assurdità di quello che è successo e come sia potuto accadere. La Costa Concordia arrivava da Civitavecchia ed ha attraversato il tratto di mare tra l’Argentario e l’isola di Giannutri. Gli scogli de Le Scole che è andata ad impattare sono praticamente a terra, se non ci fosse stata la virata la nave sarebbe finita direttamente contro la costa dell’isola del Giglio.

 

Dal continente non ci rende forse conto quanto l’isola di soli 600 abitanti sembri sotto assedio. Invasa da 643 uomini delle forze dell’ordine e di giornalisti rapaci della notizia che hanno urtato la suscettibilità e la riservatezza della popolazione. Ogni giorno da Porto Santo Stefano arrivano i parenti dei dispersi e li incontriamo nell’osteria La Paloma, nella zona rossa. C’è un silenzio irreale e una compostezza pur nelle speranze ridotte a lumicino. In teoria una persona potrebbe sopravvivere fino a 12 giorni e, in molte cabine, se non sono state invase dall’acqua ci sono i frigoriferi con cibo e bevande.

 

L’accoglienza degli isolani è stata fondamentale per aiutare i naufraghi, ma, per loro, anche normale. Chi, infatti, non avrebbe aiutato gente disperata, bagnata, infreddolita che era salva per miracolo. Paolo, un albergatore, ha ospitato nel suo albergo, circa 700 persone. Ha dato via tutto: coperte, persino i suoi maglioni e giubbotti, che naturalmente non sono mai tornati indietro. Un barista ha aperto il suo bar fino ad esaurimento del caffè. Poi, è corso a casa e ha dato anche il caffè che usava in famiglia. I pescatori, conoscendo bene il mare, sono stati fondamentali nell’evacuare i naufraghi facendo la spola con la riva. Spola che è proseguita anche a terra, con un professore, e tanti altri, che hanno messo a disposizione le loro macchine per portare i naufraghi nei vari centri di accoglienza. La parrocchia di Giglio porto e quella di Giglio castello si sono trasformate in dormitorio, sono transitate circa 800 persone. Le suore hanno messo a disposizione il loro asilo ad oltre 200 mamme e bambini. Hanno ceduto anche le loro camere, e una persona ha dormito persino in bagno con una sedia a sdraio. Elisabetta, la farmacista del paese ha distribuito latte, biberon, biscotti. Mario, il vicesindaco è salito a bordo della plancia, ma l’ha trovata deserta e ha soccorso i naufraghi tutta la notte per aiutarli ad evacuare la nave. Alvaro ha portato a casa sua dieci persone sconosciute.

 

È stata ritrovata nella nave la statua della Madonna che era in Cappella, insieme al tabernacolo e le ostie consacrate. Secondo don Emanuele Bossini, originario di Giglio e segretario del vescovo Borghetti di Pitigliano, la tragedia poteva essere ben peggiore. Sotto lo scoglio de Le Scole c’è la statua della Madonna chiamata La stella del mare che ha protetto un’isola che è consacrata a Maria.

 

Intanto l’emergenza ambientale è già in corso: la nave è piena di detergenti, saponi, oli che si stanno riversando in mare, anche se i livelli di tossicità sono ancora nella norma e i monitoraggi sono continui. Non sono mancate neanche le polemiche per un fondo sul Corriere della Sera dell’ex responsabile della protezione civile, Guido Bertolaso che ha accusato tutto e tutti: uomini dei soccorsi e dei media sulla gestione dell’emergenza a Giglio. Per ora nessun portavoce, dai vigili del fuoco alla guardia costiera, vuole rilasciare dichiarazioni. E l’informazione sarà coordinata dalla struttura della protezione civile.

 

Al ponte 7, intanto , è stato ritrovato il corpo di un’altra donna del tutto irriconoscibile. Salgono così a 13 le vittime, di cui solo 8 identificate. Continua nell’isola il turismo “macabro”, mordi e fuggi, di persone che scattano qualche fotografia e vanno via. Una coppia di Roma, già alla ventesima crociera, che era stata a bordo della Costa Crociere a novembre sembra incuranti della tragedia. E annuncia con soddisfazione la loro prossima crociera. Ai caraibi. La ventunesima.

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