L’ eternità è dell’animo femminile

Ingunn di Sigrid Undset, la Nora di Ibsen, Ifigenia di Goethe. I tipi di donna di Edith Stein. Ma qual è lo specifico comune a tutte? Nel Novecento percorso dai movimenti femministi, il pensiero illuminante della filosofa tedesca
Edith Stein

I decenni erano quelli del femminismo in Inghilterra, ma che alla donna potesse spettare un posto nella società, nemmeno l'ombra. E intanto, mentre la rivoluzione femminista si ribellava all'impostazione "maschilista",  un'altra donna, una delle menti più muliebri e affascinanti del Novecento, Edith Stein, procedeva ad un esame globale della società fatta di uomoni e di donne. Una tesi rivoluzionaria, che la rende uno dei maestri del pensiero di questo secolo. 

Ed è ne La donna, il volume composto di otto saggi edito da Città Nuova nella collana Minima, che la Stein getta luce sulla missione della donna nella società. Il punto di vista filosofico, pscologico ed educativo che Edith riconduce a tre prototipi di donna della letteratura: Sigrit Undset, la Nora di Ibsen ed Ifigenia di Goethe, ma a cui sfugge l'elemento accomunante, dell'anima. Ripertiamo allora da questo punto.

«Ma con ciò, abbiamo colto il nucleo profondo dell'anima femminile? Si potrebbero naturalmente presentare
molti altri tipi di donna, ma in credo che, in quanto sono tipi di donna, avranno tutti questa base comune. Diventare
ciò che si deve essere, far dispiegare e maturare nel modo migliore la propria umanità addormentata, con quella particolare impronta individuale che le è richiesta; farla maturare in quell'unione di amore che solo può avvivare questo rigoglioso processo; e insieme eccitare e spingere gli altri alla perfezione e alla maturità. Questo è il bisogno
più profondo della donna, bisogno che si manifesta sotto molti aspetti, anche nelle deviazioni e nelle degenerazioni;
e ad esso corrisponde, come vedremo meglio in seguito, ciò cui la donna è chiamata per l'eternità. È un bisogno
specificamente femminile, non è semplicemente umano; dobbiamo perciò metterlo in confronto con i tratti caratteristici
dell'uomo maschio.
 
«L'uomo è orientato più all'attività esteriore, all'azione, alla prestazione oggettiva, che all'essere personale sia proprio
che altrui. Certo, queste due tendenze non si possono scindere completamente; l'anima umana non è qualcosa
di concluso e di statico, iI suo essere è divenire, e in questo divenire le energie che essa ha ricevuto come semi profondi raggiungono il loro spiegamento. Perciò la donna può solo avvicinarsi allo spiegamento perfetto della propria
personalità, come ella brama, pur impegnando tutte le proprie energie. E l'uomo, pur dedicandosi al lavoro esteriore, anche se non se lo pone come scopo espresso, sviluppa la propria personalità. Nei tratti essenziali, la struttura dell'anima è identica sia in lui che in lei: l'anima è immersa in un corpo dalla cui forza e dalla cui salute dipendono le sue proprie forze e la sua salute – anche se non unicamente e incondizionatamente -; d'altra parte, dall'anima iI corpo riceve il proprio essere in quanto corpo – vita, movimento, forma, figura e senso spirituale -; sulla base della sensibilità, che è un'entità tanto corporea quanto spirituale, poggia un essere spirituale che, in quanto è attività intellettiva, scopre un mondo; in quanto è volontà, si inserisce in questo mondo operando e trasformandolo; in quanto è attività, gli si avvicina dall'intimo ed entra con lui in sintonia. Ma la misura e iI rapporto di queste energie sono notevolmente diversi nei singoli individui, e fra uomo e donna vi è una dissomiglianza specifica.
 
«lo sarei del parere che già il rapporto tra anima e corpo di solito nella donna è naturalmente più intimo (vorrei sottolineare questo «naturalmente» perché, come ho già detto, vi è sempre la possibilità di una profonda emancipazione dell'anima dal corpo, emancipazione che, diciamolo, si attua più facilmente nella donna, che nell'uomo). Mi pare che l'anima della donna
viva e sia presente con maggiore intensità in tutte le parti del corpo e, di conseguenza, venga toccata più a fondo da ciò che interessa il Corpo. Nell'uomo, invece, il corpo ha più chiaro il carattere di strumento: serve a lui nel suo operare; fatto questo che comporta un certo distacco. Tutto ciò dipende certo dalla vocazione della donna alla maternità. Il compito di accogliere in sé un essere vivente in formazione, di proteggerlo ed allevarlo, esige una certa chiusura in se stessa; il misterioso processo di formazione di un nuovo essere nell'organismo materno è un'unità di corporeo e spirituale cosi intima, che si capisce bene come questa unità sia un elemento caratteristico di tutta la natura femminile.

«Ma ciò comporta un particolare pericolo. Perché fra anima e corpo viga l'ordine naturale (cioè l'ordine che corrisponde alla natura incorrotta) è necessario che al corpo venga dato il nutrimento, la cura, l'esercizio richiesti da una piena funzionalità dell'organismo. Ma se gli si concede troppo – ed è proprio la sua natura corrotta che pretende il troppo – lo si fa a danno dell'anima, del suo essere spirituale; essa, invece di dominarlo e spiritualizzarlo, vi si sommerge; il corpo, da parte sua, viene cosi a perdere un po' della sua caratteristica di corpo umano. Più intimo è il rapporto tra anima e corpo, più grande è il pericolo di questa sommersione (tuttavia pili grande è anche la possibilità che il corpo venga tutto compenetrato dall'anima). Se consideriamo il rapporto reciproco delle energie spirituali, notiamo che esse si esigono a vicenda, e nessuna può esistere senza le altre». 

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