L’ “epidemia” di obesità

Nel mondo più di un miliardo di adulti sono in sovrappeso e di questi 300 milioni sono francamente obesi. Il nord America e l’Europa sono le regioni in cui il fenomeno è più diffuso. Si calcola che solo in Italia 52 mila persone muoiono ogni anno per queste malattie. Tale cifra rappresenta, non a caso, il secondo rischio per la salute dopo il fumo. Oggi questa tendenza è allarmante nei bambini e negli adolescenti, con una prevalenza dieci volte maggiore rispetto agli anni Settanta. Uno studio compiuto dalla Società italiana di diabetologia ed endocrinologia infantile conferma che il problema riguarda il nostro Paese in modo ancor più impressionante. Da noi il rischio che un bambino in sovrappeso diventi obeso da adulto aumenta con l’aumentare dell’età in una percentuale che va dal 26 al 41 per cento. E se il bambino è già obeso, lo sarà sicuramente anche da adulto. Le cause di questa malattia sono da ascrivere in gran parte ai cambiamenti dello stile di vita, come la disponibilità di cibi ad alto contenuto calorico, il ridotto dispendio energetico dovuto ad un aumentato uso del trasporto con autoveicoli, tecnologie e lavoro in casa, tempo libero dedicato a passatempi passivi. Sulla base di queste considerazioni è stata redatta la Carta Europea sull’azione di contrasto dell’obesità in cui sono stati sanciti i princìpi e le priorità di intervento delle autorità sanitarie dell’Unione per una politica capace di arginare e risolvere il problema che ormai ha un carattere di universalità. In sintesi la carta identifica obiettivi, princìpi e strumenti partendo dal presupposto che l’epidemia di obesità è reversibile se si creano società in cui stili di vita salutari, per dieta e attività fisica, siano la norma. In particolare è sancita la priorità di migliorare le diete ed evitare la pressione del mercato su cibi e bevande ad alta densità energetica, ponendo particolare attenzione sulla popolazione più vulnerabile dei bambini e degli adolescenti. Per trasformare i princìpi in azioni si chiede ai ministeri della Salute di promuovere nell’ambito delle cure primarie misure preventive per facilitare l’offerta di diagnosi, screening e trattamento in particolare per le persone ad alto rischio e per chi è già sovrappeso o obeso. Per esempio: ideare piani per offrire frutta gratuita a scuola; promuovere prezzi contenuti per i cibi più sani; aumentare l’accessibilità a cibi sani negli ambienti di lavoro e nelle aree depresse; favorire la costruzione di piste ciclabili; incoraggiare i bambini ad andare a scuola a piedi; migliorare l’illuminazione stradale; promuovere l’uso delle scale negli edifici; ridurre l’uso della televisione. La validità di questi provvedimenti di carattere collettivo è confermata da uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Nature, nel quale si dimostra che le capacità cognitive del bambino in sovrappeso migliorano a seguito di una moderata attività fisica di tipo aerobico che consiste nel sostenere uno sforzo fisico con un adeguato ritmo cardiaco, come correre, fare le scale, pattinare, andare in bicicletta. La cosa interessante inoltre è che questo effetto positivo si riflette anche sui coetanei di peso normale. Nei bambini e ragazzi dai 4 ai 18 anni si registra una relazione lineare tra capacità aerobica e risultati scolastici valutati mediante test matematici, di memoria, di abilità verbale, ecc. Insomma un’autorevole conferma del vecchio proverbio romanesco che dice: mejo logorà le scarpe che la sedia. Il trattamento dell’obeso dovrà quindi essere inserito in un contesto generale in cui si debbono integrare strategie di carattere collettivo che riguardano le istituzioni e quelle del medico che deve svolgere un’azione di prevenzione e cura il cui esito finale sarà migliore se, nella società saranno diffusi modelli culturali e stili di vita più sani. Una sfida importante per quei politici italiani che hanno veramente a cuore la sorte del nostro Paese.

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