Kylián, Inger e Forsythe: trittico all’Opera di Roma
Kylián, Inger e Forsythe: trittico all’Opera di Roma
Tre eccellenti coreografi della scena mondiale, riuniti qui in un programma che esplora gli orizzonti del balletto neoclassico con tre titoli mai presentati prima al Teatro Costanzi. Petite Mort (1991) di Jiří Kylián, comprende sei uomini e sei donne per celebrare la coppia e il suo ideale di bellezza che vuole i primi atletici e attraenti, le seconde delicate e forti. Le coppie maneggiano sei fioretti che sembrano essere dei veri e propri partner, ribelli e ostinati. In Walking Mad (2001) Johan Inger porta in scena un muro che divide, che si divide, che si muove, che si apre e genera spiragli di comunicazione, una miscellanea di umori ed emozioni regolate sulle note di Für Aline di Arvo Pärt e sul ritmato Bolero di Ravel, per un viaggio in cui ci si ritrova ad affrontare le proprie paure, i propri desideri più profondi, così come la leggerezza dell’essere. Artifact Suite (2004) di William Forsythe è la versione ridotta di Artifact, primo balletto a serata intera creato nel 1984 per il Ballett Frankfurt. Il coreografo americano, tedesco d’adozione, espone qui le sue teorie sull’illusione della percezione, la decostruzione, la rottura degli equilibri e la proiezione dei corpi. Protagonisti di questa serata neoclassica sono l’étoile Alessandra Amato, i primi ballerini Susanna Salvi, Claudio Cocino, Alessio Rezza, i Solisti e il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma. Prima rappresentazione il 15/3; repliche il 16; il 17, ore 15.00 e ore 20.00; il 18, ore 16.30; il 20 e 21.
“Bolero – Trip Tic” al Vascello
Con questo nuovo titolo il Balletto di Roma dà voce a tre artiste italiane, Giorgia Nardin, Chiara Frigo e Francesca Pennini, attive sulla scena contemporanea internazionale, offrendo loro l’opportunità di confrontarsi con la creazione nell’ambito di una compagnia, compagnia che in questo modo arricchisce il proprio repertorio con diversi linguaggi coreografici e nuovi approcci artistici. Un vero e proprio trittico, per tre temi e ricerche coreografiche nate a partire da musiche un tempo parte di un modo rivoluzionario di fare danza che rimandano allo straordinario periodo di innovazione e fermento artistico che accompagnò l’ascesa dei Balletti Russi in Europa agli inizi del 1900. Le tre proposte coreografiche mettono il corpo e la danza al centro della ricerca, offrendo suggestioni riferibili a un’umanità in movimento, al desiderio di essere amati e di amare, alla seduzione e al suo contagioso impatto sugli esseri umani.
“Bolero – Trip Tic”, Balletto di Roma, musiche di Debussy e Ravel, coreografie di Giorgia Nardin, Chiara Frigo e Francesca Pennini. A Roma, Teatro Vascello, dal 14 al 18/3
Questo amore
Tratto dal romanzo omonimo di Roberto Cotroneo, è la storia d’amore tra Anna, un’insegnante di lettere ed Edo, un ex calciatore di Serie A, due figure tanto distanti tra loro, quanto vicine. Subito vengono alla mente le iconiche storie d’amore della letteratura di tutti i tempi, da Romeo e Giulietta, a Tristano e Isotta passando per Orfeo e Euridice. “Con “Questo amore” – raccontano il regista Matteo Tarasco e l’autore Cotroneo – abbiamo scelto di affrontare il tema di un amore assoluto e impossibile dove assenza e ricordo, attesa e memoria, si incrociano a formare la complessa trama di una storia semplice.”
“Questo amore”, regia Matteo Tarasco, con Laura Lattuada, Massimiliano Vado, Eleonora De Luca. A Roma, OFF/OFF Theatre, dal 20 a 25/3.
Raccontare la malattia
Scrive l’autrice Chiara Stoppa: “Chissà com’è essere malati? Malati di tumore? Un giorno me lo chiesi. E poi… Quando i medici mi dissero che avevo pochi mesi di vita, iniziai a pensare a cosa dire ai miei amici, alle persone a me care, per un degno saluto. Poi decisi che era meglio alzarsi dal letto, era meglio stare meglio, era meglio vivere no? E… ad ogni modo, ora, dopo molto più che pochi mesi, sono qui. In piedi, con una storia da raccontare. La malattia come passaggio. Come un viaggio in una terra lontana. Un viaggio dal quale a volte si torna indietro. Almeno per me è stato così e, come scrive Carver in una sua poesia: “…e che te ne sono grata, capisci? E te lo volevo dire.”
“Il ritratto della salute”, di Mattia Fabris e Chiara Stoppa, regia Mattia Fabris, con Chiara Stoppa. Produzione ATIR Teatro Ringhiera. A Milano, teatro Spazio Banterle, dal 16 al 18/3.
Aiace al femminile
Scritto tra il 1967 e il 1969, l’Aiace dello scrittore greco Ritsos, è una rilettura della tragedia di Sofocle, attraverso la quale il poeta, considerato tra i più grandi del 900, offre una visione lucida e cruda della sua contemporaneità, umana e politica. E’ un eroe per forza, umiliato dall’impotenza della ‘normalità’, di ciò che gli altri gli impongono di essere, ma, in quest’allestimento presentato da Sycamore T Company di Roma, è celebrato e interpretato al femminile. Continua a far riflettere su quanto quest’uomo, tenace eppure deluso, imponente e al tempo stesso fragilissimo, possa essere non più l’eroe ma ognuno di noi, incapace di scendere a patti per continuare a vivere.
“Aiace” di Ghiannis Ritsos, traduzione Nicola Crocetti, regia Graziano Piazza, con Viola Graziosi, , scenografia musicale Arturo Annecchino, costumi Valentina Territo. A Napoli, Teatro Elicantropo, dal 15 al 18/3.
Ritratto di donna araba
Vincitore del Premio Riccione 2013, il testo di Davide Carnevali sulla condizione della donna e sul potere dell’uomo, è una riflessione non scontata su migrazione e scontri tra culture e, allo stesso tempo, un’esplorazione della possibilità del tragico nella contemporaneità. Una lotta verbale che genera distanza e alimenta incomprensioni. Un europeo in una città senza nome del Nord Africa incontra una giovane donna una sera al tramonto davanti al mare. Attraverso il susseguirsi degli incontri di queste due figure tra le strade della vecchia città, permane la sensazione di una sospensione del tempo. Esso è scandito non dall’orologio ma dai movimenti della parola. Una parola sempre sfuggente, precaria, ambigua che tenta di farsi ponte tra culture tra loro lontane. Si procede per associazioni, contrasti e come un puzzle, pezzo dopo pezzo si intravede il disegno finale.
“Ritratto di donna araba che guarda il mare”, di Davide Carnevali, regia Claudio Autelli, con Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù, Giulia Viana, scene e costumi Maria Paola Di Francesco, suono Gianluca Agostini, luci Marco D’Andrea. Produzione LAB121. A Manfredonia – Teatro Comunale Lucio Dalla, il 16/3 e a Gioia del Colle, Teatro Rossini, il 17/3.
Orestea allo sfascio
Terry Paternoster torna a lavorare sul mito greco con un primo step teatrale di una ricerca in corso da più di un anno. La storia di Oreste, Elettra e Clitemnestra si trasfigura in tragedia del presente. Se in Medea Big Oil lo scenario era la Basilicata, martoriata dalle multinazionali del petrolio, qui si puntano i riflettori nel cuore della Puglia, ‘l’Altra Terra dei Fuochi’. Oreste torna a casa dopo un lungo esilio imposto dalla madre a causa della sua omosessualità marchiata a pelle. È costretto a rivedere la sua famiglia per via di un terribile e inaspettato evento: la morte del padre, scomparso in circostanze poco chiare. Ritroverà la madre devastata dal peso dei debiti e dell’usura. Grazie al confronto con la sorella Elettra la sua percezione del senso della vita subirà un mutamento. Un evento inaspettato scoperchierà la coltre del silenzio, rivelandosi in un orrendo e tragico atto finale.
“Appunti per Orestea allo sfascio”, testo e regia di Terry Paternoster, con Venanzio Amoroso e Patrizia Ciabatta. A Roma, teatro Brancaccino, dal 16 al 18/3.