Non è stata certo una sorpresa l’elezione del metropolita Kirill (Gundjaev), di Smolensk e Kaliningrad, per il più alto incarico della Chiesa ortodossa russa. Negli ultimi anni del patriarcato di Alessio II, Kirill era visto dai mass media come la seconda più autorevole personalità della Chiesa. Quasi vent’anni a capo del Dipartimento delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, quella che ha la responsabilità dei rapporti con le autorità civili e con le altre Chiese, lo hanno reso il personaggio più ricercato dalla stampa quando si trattava di sapere le posizioni del Patriarcato. Gli è attribuito il merito della redazione delle Basi della concezione sociale della Chiesa ortodossa russa, un lavoro durato cinque anni, diretto da Kirill e fatto proprio dal Concilio dei vescovi nel 2000, in cui si definisce la posizione della Chiesa russa su una serie di questioni di attualità, dall’economia alla morale familiare.
Importante è stato anche il contributo di Kirill alla riunificazione della Chiesa ortodossa russa all’estero col Patriarcato di Mosca, un avvenimento che chiude una ferita generata dal regime comunista. Nel suo discorso introduttivo al Concilio dei vescovi, quello che ha preceduto il Concilio della Chiesa per l’elezione del patriarca, il metropolita Kirill ha poi sottolineato il lavoro fatto per evitare la separazione della Chiesa ortodossa ucraina, spinta dal potere politico di Kiev che, in occasione della celebrazione dei 1020 del battesimo della “Rus”, nello scorso luglio, ha cercato di ottenere l’appoggio del patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli all’autocefalia. Era apparso evidente come il merito di evitare lo “scisma” fosse stato proprio del metropolita Kirill. Un uomo che ha le qualità di comunicatore, che sa rivolgersi alle masse o parlare alla televisione. Non a caso ha tenuto per anni un programma alla tv statale.
Già negli anni Settanta, Kirill ha inoltrerappresentato la Chiesa di Mosca nel Consiglio mondiale delle Chiese (Ginevra) e, più recentemente, ha accettato di essere co-presidente della Conferenza mondiale delle religioni per la pace.
La novità portata dall’elezione di Kirill si può dire sia stata il largo sostegno ottenuto (più del 70 per cento dei voti), in una Chiesa in cui la sensibilità conservatrice dominante lo vedeva un po’ troppo progressista e troppo aperto al dialogo. Ci si aspetta tanto dal nuovo patriarca. Forse per questo, nelle sue prime parole dopo l’elezione, Kirill ha definito la sua nuova missione come una croce che è al di là delle forze umane, ma che «si può portare insieme con gerarchi, pastori e popolo di Dio».