Kim Jong Un incontra Putin: equilibri sempre più complessi
Proprio qualche settimane fa avevamo pubblicato un articolo sulla prolungata assenza dal palcoscenico internazionale della Corea del Nord e del suo leader Kim Jong Un. Nella settimana che ci siamo appena lasciati alle spalle, è riapparso a sorpresa sulla scena internazionale il giovane leader nord-coreano, con una visita a Vladimir Putin, che ha raggiunto a Vostochny a bordo di un treno blindato. Si è trattato di un evento che esprime tutte le caratteristiche misteriose e, per certi versi istrioniche, dei due protagonisti. Vostochny, che in russo significa “orientale”, si trova, appunto, quasi all’estremità orientale della Russia asiatica, a circa 700 km dal confine della Corea del Nord. In questa località sperduta, già nel 2011 Putin aveva pianificato la progettazione e costruzione – in tempi più brevi possibili – di una base spaziale. Il progetto intendeva sostituire la base che la Russia aveva perso con il frantumarsi del suo impero. L’indipendenza del Kazakhstan, infatti, aveva significato per Putin perdere la gestione dello storico cosmodromo di Bajkonur. Il progetto il cui completamento era previsto per il 2018 è stato completato in anticipo e già nel 2016 si è realizzato il primo lancio di un missile per attività spaziali. E fino a metà dello scorso anno sono stati effettuati altri 10 lanci.
È in questo luogo sperduto, ma di importanza strategica assoluta, che Kim Jong Un ha raggiunto il presidente russo. Anche le modalità del viaggio sono indicative di quanto i due uomini al potere in Russia e in Corea del Nord intendevano discutere.
Il dittatore nord-coreano ha, infatti, viaggiato a bordo di un treno super-blindato che, secondo i calcoli ufficiali, ha coperto i meno di 700 km di ferrovia alla media di 60 km orari. Altro aspetto interessante e significativo è stata la composizione della delegazione proveniente da Pyongyang, che annoverava un numero di militari ben più consistente di quella che accompagnò il leader all’ultimo incontro con Putin nel 2019, prima dello scoppio della pandemia. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, è chiaro che il motivo del viaggio e degli incontri fra i due leader e le rispettive delegazioni era di carattere sia militare che tecnologico. I due Paesi sembrano aver bisogno uno dell’altro per questioni simili ma anche diverse. La Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina, si trova ora a corto di risorse militari e sembra essere alla ricerca di nuovi pezzi di artiglieria. La Corea del Nord, che nel corso degli anni ha annoverato, pare, una scorta esorbitante di munizioni potrebbe essere la fonte giusta a cui rivolgersi in questo momento. D’altro canto, Kim Jong Un è alla ricerca di tecnologia sottomarina e satellitare. Infatti, negli ultimi tempi la Corea del Nord ha tentato due lanci di satelliti per uso militare, ma senza successo. E la Russia può senza dubbio, essere il luogo dove attingere. Si è anche accennato alla possibilità che Putin possa assicurare alla Corea del Nord derrate alimentari in un momento di gravissima crisi agricola del Paese asiatico, sempre più blindato. Resta comunque evidente quali siano stati i motivi del viaggio, confermati, peraltro, dai pochi e laconici comunicati ufficiali.
Al di là di quanto detto finora, che resta vero nell’immediato, la visita e la ripresa dei rapporti fra Pyongyang e Mosca e fra i due presidenti sono una chiara risposta proprio a quanto avevamo spiegato nell’articolo precedente sulla situazione nell’estremo oriente. L’accordo di Camp David, firmato da Biden col presidente della Corea del Sud e il primo ministro giapponese, anche se finalizzato a contenere la politica della Cina, non poteva non infastidire la Corea del Nord e la Russia. Si ricostituisce, dunque, un asse Pyongyang-Mosca di chiara posizione antioccidentale, sotto lo sguardo attento e sornione – come sempre più spesso accade – della Cina. Pechino, infatti, ha mantenuto una posizione molto defilata – almeno a livello internazionale – sulla visita del presidente nord-coreano e del suo incontro con Putin. Xi Jinping non ha preso posizione su questo accordo come non lo aveva fatto per quello precedente. La Cina, infatti, sebbene cerchi di costituire a sua volta un fronte antiamericano, non può rinunciare ai rapporti sia con la Corea del Sud che con il Giappone, per motivi commerciali e interessi finanziari.
Dunque, al di là del viaggio specifico di Kim Jong Un in Russia e del segnale chiaro di una ripresa dei rapporti con Mosca in funzione anti-occidente, la situazione resta ancora molto aleatoria in un contesto di ricerca, in quella parte di mondo, di equilibri nuovi e, almeno in occidente, piuttosto misteriosi. Stiamo vivendo, del resto, una fase di ridefinizione degli equilibri mondiali e l’Asia sta giocando un ruolo fondamentale, come ha dimostrato anche il vertice dei G20 tenutosi a Nuova Delhi, dove anche l’India chiede una sua fetta di protagonismo, almeno nella parte meridionale del continente, ma con importanti ricadute anche in Africa e in Europa.
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