A Kabwe, nello Zambia, c’è Satana
Vengo a conoscenza del pericolo quando la capitale dello Zambia, è ancora lontanissima. Mi trovo infatti nella cittadina di Sinda e da questa località a Lusaka, a separarmi, ci sono oltre 400 chilometri. Sto tirando il fiato in uno dei mille villaggi disseminati in territorio zambiano. Il caldo è opprimente. Cerco un po’ d’ombra e, una volta trovata, mi gusto una bottiglietta di acqua fredda appena comprata in un piccolo bar. È a questo punto che vedo che un anziano mi si avvicina. Incuriosito da cosa ci faccia un muzungu (bianco) nel villaggio dove lui è nato e cresciuto, inizia a inondarmi di domande. Parla un discreto inglese e quindi si dialoga con facilità. Non appena gli illustro ciò che sto facendo e gli comunico che sono in cammino verso Lusaka, il suo sguardo si fa scuro. Percepisco negatività, preoccupazione, tormento. Mi dice che a un centinaio di chilometri a Nord rispetto alla capitale, c’è l’inferno. «In that place Satan is present. He and his demons are killing so many children. Man has sown death and destruction. Satan is continuing». Satana e i suoi demoni stanno uccidendo tantissimi bambini nei luoghi dove l’uomo ha seminato morte e distruzione? Un brivido mi attraversa la schiena. Un brivido che pur essendo di pochi attimi, a me sembra abbia una durata interminabile. Per alcuni secondi il caldo soffocante che mi avvolge si trasforma in un freddo gelido. Non posso non approfondire la questione. L’anziano, il cui nome è Joseph, entra nei particolari. Mi dice che il luogo che lui definisce demoniaco ha un nome ben preciso. Si tratta della città di Kabwe, la quarta più popolosa dello Zambia con i suoi 300 mila abitanti. Come la nostra Catania. Qui, a detta di quest’uomo la cui età è abbondantemente sopra i 70, per tanti decenni il territorio è stato violato e la natura abusata. Il tutto per una questione ben specifica: l’estrazione del piombo.
Lo sguardo di Joseph si fa triste. Mi dice che alcuni suoi amici, agli inizi degli anni Ottanta, si erano trasferiti prima a Lusaka e successivamente proprio a Kabwe attratti dal miglioramento del tenore di vita che, lavorando nella miniera di piombo, si prospettava per loro e le rispettive famiglie. Questi suoi amici, dopo pochi anni, sono tutti morti. Mangiati (utilizza proprio questo termine) dalla tossicità dell’ambiente nel quale lavoravano. Prima i padri e poi i figli che oggi, a distanza di quasi un trentennio dalla chiusura della miniera datata 1994, ne stanno pagando anche loro le conseguenze. Fortunatamente non perdono la vita, ma le loro esistenze risultano ugualmente devastate da malattie mentali e alterazioni della personalità. Il tutto dovuto a esposizioni a livelli molto alti di piombo. Il motivo, mi rivela Joseph, è presto detto: gli adulti di oggi, a metà anni Ottanta bambini molto piccoli, sono stati le principali vittime perché, giocando all’aria aperta, mettevano le mani a terra e poi in bocca. E la terra, in quegli anni e ancora adesso, era pregna di emissioni che derivavano dall’attività nefasta della miniera. Emissioni mortifere che poco per volta hanno intaccato, senza pietà alcuna, i corpicini delicati di migliaia di fanciulli. Prosegue Joseph: «Uomini desiderosi di arricchimento hanno pensato solo a lucrare. Ce l’hanno fatta a ribaltare il loro status sociale delle origini. Dopo pochissimi anni però il denaro se lo sono portati al cimitero. E ora tocca, purtroppo, ai loro figli il cui destino è segnato. I padri, con il loro agire spregiudicato, hanno prima devastato la natura e poi, di conseguenza, spalancato le porte al Male. Ora Satana e i suoi adepti stanno mietendo altre vittime. A centinaia. Quindi caro Muzungu – conclude -, se devi andare a Lusaka, attraversala rapidamente e soprattutto che non ti venga in mente di andare verso Nord, verso Kabwe. I fumi del male possono intaccare chiunque».
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