Judy, il prezzo del successo
Non basta essere carine, avere una voce splendida, doti di attrice e ballerina, vincere gli Oscar e i Golden Globe per essere felici. Sotto ogni successo si nasconde spesso l’angoscia. È ciò che appare nel film patinato Judy di Rupert Goold. Racconta l’ascesa da bambina fino agli ultimi giorni da diva, vittima di nevrosi e di eccessi, di Judi Garland, scomparsa a 46 anni nel 1969. Un personaggio amato, idolatrato e tuttavia oggetto di sfruttamento delle Major americane fin dagli anni Trenta del Novecento.
La storia della bambina prodigio è quella di una vittima del successo e del denaro, dell’ambizione dei “grandi”e diventa una parabola del rischio che corrono tutti quelli spinti dalle “famiglie”, di vario genere, sui palcoscenici luccicanti della gloria che poi si divora i suoi eroi. Judy da star diventa una povera donna dipendente da alcol e droghe, morta in solitudine, lontana dai suoi tre figli (una è Liza Minnelli).
Il film narra, grazie ai riusciti flashback sulla non-infanzia e non-adolescenza di Judy, la sua ascesa: libera solo di diventare una star secondo i progetti delle Major. Diventa più ricco nel racconto delle ultime fasi della vita, quando a Londra si presenta ai concerti sfatta, ritardataria, aggressiva, depressa e stanca. C’è una compassione profonda in queste scene che commuove. Il merito è della perfetta performance di Renée Zellweger che, come accadeva a Joaquin Phoenix in Joker, prende su di sé il peso del film, e lo rende grande solo con una mossa della bocca o uno strabuzzare degli occhi. L’attrice infatti dà voce corpo anima a far rivivere le contraddizioni, le fragilità di una diva che non è mai diventata adulta, ma sempre è rimasta una bambina bisognosa di affetto e di gloria, vittima anche cosciente dell’ambizione ed egocentrica.
Giganteggia la Zellweger, giustamente candidata agli Oscar. Il volto rugoso, la magrezza impressionate del corpo, la voce modulata su quella originale di Judy si stampano nella mente come immagine di una vita di lustrini, ma in realtà infelice, con momenti di tenerezza (l’ultima telefonata ai bambini) e di disperata speranza (l’ultima canzone).
Judy forse non ha vissuto mai un vero amore, ma certo lo ha dato e “pagato” di persona con la sua arte e il volto, diventato anche una icona Disney nel film La Bella e la bestia.