Jimmy’s Hall
Jimmy’s Hall
Ken Loach ritorna ai temi prediletti – lotta per la libertà, contro i pregiudizi – e inaugura un sentimento di tenerezza insolita e rude in Jimmy’s Hall – Storia d’amore e di libertà. Lui è James Gralton, ribelle irlandese, ritornato in patria dopo la guerra civile, che apre una sala da ballo, ritrovo anche formativo per il villaggio natale. Le opposizioni della polizia e del clero conservatore non mancano e il giovane è costretto all’emigrazione negli Usa. Vive una storia d’amore forte, ma anche sospesa tra il rischio dell’esilio e il nascondimento, delineata da Loach con delicatezza.
Il film non è mai pesante, il ribelle viene raccontato anche nelle sue fragilità, ma rimane impressa la coralità della narrazione nelle figure per nulla secondarie – la madre di Jimmy – dentro paesaggi nebulosi con una tinta malinconica nuova, rispetto ai lavori precedenti. Politica e sentimento si danno la mano con una armonia maggiore e anche se l’attenzione per il tema della libertà domina continuamente le sfondo, non è mai caricato né troppo urlato. Ovvio un certo anticlericalismo nella cattolicissima Irlanda dell’epoca.
Perfetti nel ruolo Barry Ward, fascinoso e spettinato, e Simone Kirby, bionda dolcissima, innamorata di lui, ma fedele al marito.
Il ragazzo invisibile
Gabriele Salvatores azzarda un fantathriller psicologico-adolescenziale, di moda negli Usa, ma non da noi. E, secondo chi scrive, vince la scommessa. Michele è un ragazzo timido, poco rispettato in classe, poco studioso, innamorato deluso dell’inavvicinabile Stella (Noa Zatta). Vive con la madre poliziotta (Valeria Golino), il padre è morto – così gli si fa credere –, è complessato e sogna di esser invisibile, sia per rimediare ai supposti difetti sia per poter stare con la bella del cuore. Un giorno scopre, attraverso una vecchia tuta comprata dai cinesi, di potere essere davvero invisibile. Se la prende tutta, la gioia di esser vicino a Stella, darle il primo bacio, parlare con lei – che ne è affascinata pur non vedendolo – vendicarsi delle cattiverie dei compagni: cose da adolescenti.
Ma una banda di cattivissimi russi post-Cernobyl indaga e lo segue per rapirne i poteri, e si fa vivo anche il padre. Qui il gioco diventa thriller fra spari, inseguimenti, rapimenti e Michele diventa una sorta di ragazzo Uomo-ragno imbattibile, in una sequenza di colpi di scena che naturalmente non raccontiamo! Imperdibile il finale…
Straordinario il tredicenne Ludovico Girardello, di Vittorio Veneto, perfetto nel ruolo e spontaneo la prima volta davanti alla macchina da presa, ma credibile tutto il cast nella bellissima Trieste. Luminoso, notturno, dorato in certe parti, il film racconta, oltre la favola, cosa passa nell’animo di un ragazzo che sta diventando uomo e qui la finzione diventa analisi rispettosa e profonda che supera il genere, diverte e sorprende.
Lo Hobbit 3 – La battaglia delle tre armate
Ed ecco il gran finalone delle avventure dirette da Peter Jackson con i consueti protagonisti ed interpreti che ci sono davvero tutti. Oltre due ore di battaglie con strabilianti effetti speciali, interni architettonici mozzafiato, il drago di fuoco distruttore e i guerrieri impavidi a combattere lui e il male. Nelle rare pause, ci sono momenti alla Macbeth, dove l’oro rovina anche le amicizie e gli affetti, dissidi tra padre e figlio, tradimenti e storie d’amore, orrori, ma alla fine la pace ritorna. Ritorna davvero? Lasciamolo capire allo spettatore…!
Rilassante, coinvolgente, bello per gli occhi e fantasioso, il film offre ciò che promette: spettacolo e ancora spettacolo, ma anche voglia di favole e una morale sotto sotto c’è, e cioè che l’unione fa la forza e così l’odio viene annientato. Mica poco!
Mario dal bello