Jessica e Cristiana, e l’ombra di Pina Bausch
«Perché bisogna per forza scrivere qualcosa nel programma di sala?». Così esordisce Cristiana Morganti nel suo spettacolo Jessica and me, dando voce a questo e ad altri suoi pensieri. Prova dei movimenti a terra, poi in piedi, ma subito s’innervosisce capendo che la sequenza non funziona, rimproverandosi di eseguire i gesti troppo velocemente. Ed esce di scena, per riapparire con un vecchio registratore a cassette che lei stessa inserisce, a intervalli.
Dialoga con una voce registrata – un alter ego – che funge da intervistatrice ponendole domande a raffica. Interrogativi ironici, altri più seri, ai quali risponde spiegando, illustrando, precisando, correggendo. Ad esempio che si chiama Cristiana e non Cristina, come spesso invece scambiano il suo nome. Sono domande che riguardano diversi aspetti del mondo della danza e della sua vita personale: “Perchè si sta in scena?”. “Da dove nasce questo bisogno di mostrarsi? Per colmare un vuoto affettivo?”. E ancora: “Nella fase di creazione pensa al pubblico?”. “Come si è trovata in Germania? Aveva nostalgia dell’Italia? Pina era veramente severa, cattiva? E ora che lei non c’è più qual è la situazione della compagnia oggi? Vi sentite orfani?”.
Pina, appunto. Bausch. È la persona che più ha influenzato la vita della Morganti, il cui nome si associa subito a quello della coreografa tedesca scomparsa nel 2009, nella cui compagnia, il Tanztheater Wuppertal, la danzatrice romana è presente da oltre 20 anni. Dopo il successo della conferenza danzata Moving with Pina, con Jessica and me (spettacolo che ha debuttato nell’ottobre del 2014), Morganti fa un bilancio della sua vita e della sua carriera artistica, per la necessità di riflettere sulla propria identità. E lo fa con intelligente autoironia e umorismo anche tagliente. Ora spavalda, ora timida, ora assorta, ripercorre la sua vita con interventi danzati, sketch carichi di suggestioni, ricordi, luoghi, persone. E così apprendiamo che ha iniziato a ballare all’età di 5 anni per necessità, indirizzata dalla madre su consiglio del pediatra, per correggere una difficoltà fisica; e, tra gli altri divertenti aneddoti nel periodo dell’Accademia, il problema di avere un seno giunonico, non adatto a una ballerina classica, salvo poi diventare, di là da questo, la danzatrice talentuosa che tutti conosciamo, cresciuta alla scuola della Bausch.
Inevitabilmente lo spirito della “maestra” aleggia, è presente nelle brevi danze che Morganti accenna in scena, muovendo quelle sue flessuose, inconfondibili braccia, rifacendo le smorfie del viso perché, come le ripeteva Pina, «devi sorridere sempre!». «Cosa non facile mentre si danza», sottolinea l’interprete. Lei però sa anche piangere, in tanti modi; sa fare la crisi isterica in diverse lingue, compreso il giapponese. E intanto, sempre con sottile comicità, manifesta la fatica del fisico che non ha più la stessa forza. Quindi si spoglia rimanendo in bikini per lasciare il posto alla sua immagine proiettata su un grande schermo che la ritrae mentre si dipinge i fianchi di nero per mostrarsi più magra.
In questo entrare e uscire dal personaggio e dalla persona eccola riapparire su dei tacchi rossi sproporzionati e cercare un equilibrio; indossare un vaporoso abito bianco e attraversare più volte il palcoscenico; chiedere a uno spettatore una sigaretta da tenere in bocca – lei che non sapeva e non voleva fumare − ricordando come Pina glielo aveva insegnato con i gesti perché nei suoi spettacoli fumare era indispensabile. Infine, con una danza avanti e indietro, gesticolando sempre più velocemente con le mani, si blocca dentro un cono di luce mentre sul vestito la proiezione del fuoco lentamente prima lo brucia, poi lo illumina di stelle. E intanto, con le braccia alzate, flessuose, ondulanti al rumore del vento e al suono di una musica dolcissima, crea un’emozionante sequenza che suggella uno spettacolo di vivida creatività.
“Jessica and me”, di e con Cristiana Morganti, collaborazione artistica Gloria Paris, disegno luci Laurent P. Berger, video Connie Prantera, consulenza musicale Kenji Takagi. Produzione Il Funaro, in coproduzione con Fondazione I Teatri Reggio Emilia. Registrazione di Rai Cultura, al Teatro Funaro di Pistoia nel 2015, con la regia televisiva curata da Felice Cappa.