Jacinda e Ksenia, trentenni in politica
La Nuova Zelanda ha un primo ministro 37enne (la più giovane del XX e XXI secolo) e donna (non è la prima), schierata su posizioni «di sinistra spinta», come commenta Le Monde, nel cui programma c’è molta giustizia e solidarietà, welfare e sanità. Jacinda Ardern ha vinto da outsider, controvoglia si direbbe, e probabilmente lo rimarrà.
Sarà a capo di una coalizione eclettica (solo 64 parlamentari su 120 la sostengono). Il suo parlare franco e semplice le hanno attirato insperati consensi. I suoi modelli sono Blair (col quale ha lavorato), Barack Obama e Justin Trudeau.
Le sue prime parole sono state semplici, ma decise: «Noi aspiriamo a fare un governo per tutti i neozelandesi». UIn governo che «coglierà l’opportunità di costruire una più giusta e migliore Nuova Zelanda. Faremo del nostro meglio per assicurare che la Nuova Zelanda sia ancora una volta leader mondiale, un Paese di cui possiamo essere tutti orgogliosi. Abbiamo detto che potremmo farlo, lo faremo».
Diversa la situazione in Russia, dove Ksenia Sobtchak, figlia dell’ex sindaco di San Pietroburgo, vuole scendere in campo, come ha annunciato a una folla di giornalisti riuniti in un teatro moscovita. E lo fa con il patrimonio familiare alle spalle e con una faccia tosta che è necessaria in questo Paese per riuscire in qualsiasi campo. Chissà se ce la farà a entrare in competizione con Vladimir Putin. Chissà se riuscirà a riunire le firme necessarie per diventare candidata. Chissà se il suo rango di «ricca» le permetterà di sfondare nelle masse popolari. Chissà se il suo passato di presentatrice televisiva sarà un atout o un peso.
È prudente Ksenia: riconosce a Putin di aver salvato suo padre Anatoli (un aereo militare russo, messo a disposizione dal presidente, lo trasportò, gravemente infartuato, a Parigi), ma nel contempo lo attacca per «il sistema corruttivo vigente in Russia», così come per il fatto «che Putin resti al potere 18 anni», oltre che per la democrazia zoppa di un Paese che «non conosce più elezioni reali». E non esista a sostenere che «per il diritto internazionale la Crimea è dell’Ucraina». E conferma che si ritirerà se sarà concessa la candidatura a Alexei Navalny, il più forte oppositore di Putin.
Lo slogan elettorale di Ksenia Sobtchak è semplicissimo: «Vota o perdi». Vedremo se la candidatura di Ksenia è un bluff per far credere che in Russia Putin affronterà delle vere elezioni, oppure se il suo attivismo un po’ radical-chic porterà frutto. In ogni caso che una 36enne scenda in campo per le elezioni del prossimo marzo è un evento da applaudire.