Jaan Kross per la dignità dell’uomo

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Imedia italiani hanno dato scarso rilievo alla morte, avvenuta lo scorso dicembre a Tallinn, dello scrittore estone Jaan Kross. Peccato, perché questo autore, più volte candidato al Nobel, viene ritenuto dalla critica uno dei massimi esponenti della cultura baltica contemporanea, e tra i principali scrittori europei (Claudio Magris e il recente Premio Nobel Doris Lessing non hanno esitato ad accostarlo al grande Thomas Mann). Il fatto è che, a differenza di altri Paesi, dove le opere di Kross sono tradotte e conosciute da un pezzo, di lui in Italia è stato pubblicato finora un unico romanzo, sia pure quello considerato il capolavoro: Il pazzo dello zar (Garzanti), vincitore nel 1995 del Premio Nonino. Difficoltà a reperire traduttori esperti in questa lingua ugro-finnica, o che altro? Kross che – come ha dichiarato il presidente estone Toomas Hendrik Ilves dopo la sua morte – è stato fra coloro che hanno permesso di preservare la nostra identità nazionale e di riconquistare l’indipendenza dell’Estonia, s’è fatto portavoce di un piccolo popolo di poco più di un milione di abitanti, erede di una storia tormentata per intrecci politici e religiosi: rimasto per secoli soggetto, come altri Paesi Baltici, a invasioni e influssi stranieri – dai danesi ai tedeschi, agli svedesi, ai russi dei soviet (ma non mancano apporti extraeuropei) – ha saputo produrre, come sempre avviene in un mosaico plurietnico, degli esiti estremamente interessanti e fecondi nel campo culturale. Leggendo dunque l’opera di questo prolifico autore, si assimila ad un tempo questa variegata ricchezza unita all’anima di un intellettuale che, per la libertà e la dignità umane, ha sofferto il carcere, la deportazione e la successiva sorveglianza speciale della polizia staliniana. Per tornare al suo romanzo più tradotto (insieme a La partenza del professor Martens), il protagonista de Il pazzo dello zar, Timotheus von Bock detto Timo, è un aristocratico illuminato e controcorrente, che imprigionato per anni e poi dichiarato folle viene confinato nei suoi possedimenti in Livonia perché nel 1818 ha osato denunciare le ingiustizie politiche e sociali del sistema zarista in un memoriale allo zar Alessandro, del quale peraltro è il più fraterno e leale amico, tanto più che è legato al sovrano dallo speciale giuramento di dire sempre la pura verità sulle cose chieste dallo zar e su questioni nelle quali egli ritiene necessario intervenire. La singolarità della vicenda, espressa in forma di diario (l’io narrante, Jacob Mattik, è il cognato di Timo), può far pensare ad un’invenzione letteraria, com’è di tanti romanzoni pseudo-storici di oggi: si tratta invece di un fatto realmente accaduto e ricostruito con struggente precisione da Kross, che altrettanto scrupolo ha usato in altre sue opere narrative con le quali ha ridato vigore al genere storico. Non occorre lavorare troppo di fantasia per imbastire trame interessanti – sembra commentare lo scrittore -: la realtà stessa offre ampia scelta a chi di certi eventi e figure sa cogliere il valore esemplare e rendere i significati riposti col linguaggio universale dell’arte. Specchio in qualche modo della dolente umanità di Kross, questo romanzo filosofico, ammirevole anche per stile letterario, non è soltanto una parabola delle relazioni fra l’intellettuale ed il potere – scrive Claudio Magris nella prefazione -, ma è anche e soprattutto una poetica raffigurazione dell’ambiguità della vita. Von Bock non è un folle, ma il suo sogno di riforme in quelle circostanze storiche può essere una follia, anche se è una di quelle che danno senso e dignità all’esistenza. Un documento, inoltre, di fatti che aiutano a capire meglio il destino più o meno recente di molti popoli dell’Europa orientale e centrale. JAAN KROSS. Nato a Tallinn nel 1920, si laurea in legge all’università di Tartu, dove insegna nel 1946 e ancora nel 1998. Dopo aver trascorso nel 1944 sei mesi in un carcere nazista, dal 1946 al 1954 sperimenta la deportazione in un gulag staliniano. Dopo il ritorno dalla Siberia, si afferma dapprima come poeta, contribuendo alla rinascita poetica degli anni Sessanta dopo la piattezza dell’era staliniana. A partire dal 1970, inizia a scrivere racconti e romanzi storici, genere nel quale ben presto s’impone come un maestro incontestato. Altri lavori, di carattere più autobiografico, hanno per scenario gli eventi drammatici degli anni Quaranta-Cinquanta. Sono opere che giocano un ruolo importante nella preservazione della memoria storica estone in epoca sovietica. Nominato nel 1985 scrittore del popolo, anche in età avanzata, Kross continua a produrre senza nulla perdere della sua capacità di affascinare i lettori. Muore il 27 dicembre 2007.

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