Italiani al Louvre
Non conto più le volte che sono stato al Louvre. Zeppo di gente è il museo più visitato al mondo. Una folla rumorosa, incredibile: famiglie, amici, anziani, tutti lanciati a fotografare di continuo. Qualcuno si preoccupa anche di capire cosa fotografare e perché. In questa “follia organizzata e collettiva”, come diceva Stendhal della musica di Rossini, Rossini stesso oggi si divertirebbe e chissà che meravigliosa opera buffa ne uscirebbe.
Ma torniamo alla realtà. Ci sono stato pochi giorni fa – il museo era pieno di italiani – e l’impressione è rimasta quella che si diceva sopra. Perciò ho pensato che per evitare di disperdere la mente, le forze e non stare a vedere tutto e a farsi largo tra la gente a furia di “pardon” e “please”, fosse utile fermarsi su almeno 20 – venti – opere imperdibili in una prima visita. Poi, si vedrà il resto, se sarà possibile. Ed eccone l’elenco. Consigliabile, appunto, per poter rimanere in forma dopo esser usciti dall’immensa fabbrica del Louvre.
- Amore e Psiche, del Canova (1793). Nella Galleria della scultura italiana (ala Denon), un capolavoro di tenerezza adolescenziale. Della serie: si può essere sensuali senza perdere in delicatezza e purezza.
- Prigioni di Michelangelo. Due marmi, uno di un uomo muscoloso in lotta con la morte, l’altro di un giovane sereno che si sta risvegliando. Sculture funebri, sono un inno alla vittoria della bellezza sulla morte, secondo Michelangelo.
- La Nike di Samotracia sullo scalone che apre alla galleria della pittura italiana (ala Denon). Imponente, la Vittoria alata si staglia come immagine dell’idea greca di bellezza, da cui tutti ancora dipendiamo. III secolo a.C.. Affascinante al grado massimo.
- La Vergine delle rocce di Leonardo (Galleria della pittura italiana). L’Immacolata tra un angelo, Gesù e san Giovannino circondata da un paesaggio misterioso. La religione come sentimento. Vedere quindi subito accanto la Madonna con S.Anna e Gesù, di grande sensibilità e chiudere con il Battista dal sorriso ambiguo.
- Ritratto di Baldassar Castiglione, di Raffaello. L’uomo sereno del Rinascimento, due occhi splendidi che ci guardano. Raffinatezza ed eleganza italiana. Bello come (forse più?) della Gioconda.
- La Gioconda, icona del delirio collettivo, specie dei cino-giapponesi adoranti con le macchine fotografiche. Una lotta per vederla da vicino. Ma quando ci si riesce, una gioia: mistero e vicinanza, dolcezza e fuga. Un peccato: nessuno ha il coraggio di ripulirla, cambierebbero i colori!
- L’uomo con il guanto, di Tiziano. Proprio dietro alla Gioconda, ben pochi lo osservano. Eppure il giovane romantico dalla camicia bianca è uno degli sguardi più alti sull’animo umano della storia della pittura.
- La Crocifissione del Veronese. Nella stessa sala della Gioconda, una girandola di capolavori. Questo, ben poco visto, è un temporale primaverile dolce e triste. Indimenticabile il giallo del manto di una pia donna. Forse più della spettacolare, immensa tela delle Nozze di Cana del Veronese che Napoleone ha rubato a Venezia e più restituita.
- Venere di Milo (190 a.C., Sala arte greca, ala Sully). Osannata dalle macchine fotografiche, ha bisogno di tempo per venire ammirata, girandole intorno. La lieve torsione del corpo della dea le dà una grazia ed una armonia uniche. Il marmo pare quasi danzare nell’aria, così come le sculture del Partenone che anche i francesi, come gli inglesi, si sono prese.
- La Morte della Madonna, del Caravaggio (ala Denon). Un teatro emozionante, il drappo rosso sangue in alto, la Vergine sul cataletto, il bacile di rame, la Maddalena in pianto, la commozione dei discepoli. La morte, così umana.
- La Crocifissione, di El Greco (proseguendo dopo la tela di Caravaggio). Un Cristo snello, grigio in preghiera, il cielo squarciato dalle nuvole, due donatori adoranti. Della serie: contemplazione della bellezza di una morte per amore.
- L’incoronazione di Napoleone di Louis David (sala pittura francese, secolo XIX, ala Denon). L’immensa tela celebrativa del condottiero è una sconcertante ”commedia umana” ritratta ben oltre la gloria e il fasto. Per la Francia una rievocazione sempre attuale della propria storia.
- La Zattera della Medusa di Théodore Géricault. Una tragedia in mare diventa tragedia universale. Tinte scure, corpi sfatti, orrore e morte. Impressionante.
- La Merlettaia di Johannes Vermeer (pittura fiamminga. Ala Richelieu). Piccolissima, la tela è un ricamo pittorico di squisita naturalezza. Il quotidiano di una ragazza sconosciuta al lavoro. Luce soffusa, tinte brillanti, atmosfera sobria del lavoro. Incantevole.
- La Cena in Emmaus di Rembrandt (1648). Un Caravaggio dei Paesi Bassi, ma mai disperato. Molto umano. Il prodigio evangelico diventa attualità senza strappi, ombre calde, sfumano i colori, rimane il sentimento. Così come nella vicina Betsabea, stupendo nudo di donna al naturale: l’ombra crea la vita. Rembrandt è un genio, lo si scopre.
- Lo Scriba accovacciato (2000 a.C., sala egizia). I colori originali conservati, il realismo del volto e del corpo denotano una dignità straordinaria del personaggio ignoto, ma certo importante. Imperdibile.
- Codice di Hammurabi (XVIII secolo a.C., sala mesopotamica). La stele babilonese rappresenta il re Hammurabi di fronte al dio Shamas che detta un codice di sentenze di vita. Terribile è l’immagine severa del dio, nella pietra scura. Una divinità impenetrabile. Disturbante.
- Pietà di Avignone di Enguerrand Quarton (1455, pittura francese). Uno strazio colmo di pathos, il Cristo lunghissimo sulle ginocchia della Madre, i discepoli sofferenti e dignitosi. Grande bellezza di colore e di sentimento.
- Il Re Sole di Hyacinthe Rigaud (1701). Eccolo a 63 anni Luigi XIV in abiti regali. La pompa alla francese, la maestà in forme di suprema e superba eleganza.
- Pierrot di Antoine Watteau (1719). Una tela misteriosa, un teatrante rigido e lunare, strano e ingenuo. Eppure l’uomo in bianco è maschera dell’umanità fragile e commovente.
Per chi ha avuto la forza di arrivare alla fine di questa mini-guida senza troppe pretese. Buon divertimento!