Italia sotto scacco?
La vicenda del peschereccio italiano, preso di mira dalle autorità libiche richiede una riflessione sui rapporti tra i due Paesi e sugli accordi contro l'immigrazione clandestina
L’Ariete è un motopeschereccio della flotta di Mazara del Vallo. Ha un curriculum di tutto rispetto perchè negli anni ha tirato su dall’acqua non solo pesce ma anche uomini: gli immigrati in fuga dall’Africa, salvati a centinaia. Al punto che il suo equipaggio ha avuto pure un riconoscimento dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati.
La notte scorsa tuttavia si è trovato in un brutto pasticcio che la cronaca ha già ampiamente descritto: mentre navigava in acque internazionali nel Golfo della Sirte, è stato avvicinato da una motovedetta libica (paradossalmente regalata dall’Italia e con a bordo alcuni finanzieri italiani) che ha aperto il fuoco e lo ha colpito con ripetute raffiche di mitra. L’equipaggio a bocconi in sala macchine, i motori al massimo, la fuga verso Lampedusa. Tutti fortunatamente salvi, a chiedersi il perché di un gesto assolutamente inspiegabile. Siamo forse in guerra?
Tutti sappiamo bene che i pescherecci siciliani spesso vengono sequestrati dalle autorità libiche e che occorrono lunghe trattative per ottenerne la liberazione. Ma essere bersaglio di armi da fuoco è ben altra cosa. Sono giunte prontamente le scuse delle autorità libiche al governo italiano e la vicenda occuperà le diatribe politiche nazionali ancora per qualche ora.
Tuttavia il rapporto tra l’Italia e la Libia non sembra in questi frangenti trovarsi su un piano di reale parità. C’è infatti un abisso tra il modo in cui l’Italia accoglie quanto viene dalla Libia ed il modo in cui la Libia accoglie quanto viene dall’Italia. Sembra quasi che, pur di ottenere il blocco dell’immigrazione via mare, siamo disposti a minimizzare azioni gravi e inspiegabili. C’è da meditare.