Italia in bilico
Servono provvedimenti immediati o un altro governo. Il destino del Paese spaventa l’Europa.
La crisi del debito pubblico italiano si è purtroppo acuita, la borsa colleziona crolli e gli interessi sul debito pubblico schizzano quanto mai in alto. I dati sulla disoccupazione sono preoccupanti, addirittura allarmanti quelli relativi ai giovani (è disoccupato uno su tre), l’inflazione è ai massimi dal 2008… Il Paese è insomma in grave pericolo: il mondo finanziario si disfa dei nostri titoli di Stato e il ministero dell’Economia fa sempre più fatica a vendere le nuove emissioni, che oramai costano interessi altissimi. Oltre al rischio, addirittura, di fallimento, ci sono anche ricadute immediate nell’economia interna, a partire dai tassi sui prestiti bancari che salgono, inserendo un ulteriore collo di bottiglia nei già poco fluidi circuiti dell’impresa e della crescita del Paese.
C’entra il governo in questa situazione? E se sì, cosa deve fare, cosa può fare? Queste domande campeggiano, esplicite o implicite, non solo sui titoli dei nostri media ma anche su quelli degli altri Paesi dell’Europa e del mondo. È ormai chiaro, infatti, che il destino dell’Italia condizionerà quello dell’intera Unione europea, contribuendo in ultima analisi a ridefinire gli equilibri dell’intero pianeta. Ovviamente, il timore generalizzato – nel mondo occidentale, almeno – è che questa influenza sia negativa, che l’Italia cioè si avvii verso il fallimento, innescando un effetto domino che non si sa bene dove conduca. Di certo, quindi, il mondo ci guarda e in questo sentirci osservati scopriamo l’interdipendenza sotto la specie del contagio, reciproco, della crisi.
Il messaggio ultimo è la necessità di un rafforzamento dell’Europa e di un ripensamento delle regole della finanza (se non dei modelli economici), da condurre su scala mondiale, puntando a obiettivi di crescita reale e globale, destinati davvero, quanto più possibile, a tutti gli esseri umani, in un’ottica di reciproco riconoscimento di fraternità.
A chi spetta questa visione? Sulle spalle di chi grava la responsabilità di sapere dove andare e di condurvi il vascello, che come moderna arca di Noè riguarda tutta l’umanità? Titolare del compito di guidare il vascello, non c’è dubbio, è la politica. Pur consapevoli che senza dotare la moneta unica di una solida base politico-istituzionale e di poteri che permettano interventi tempestivi ed efficaci – è difficile per gli Stati a rischio fronteggiare le crisi –, non si può negare che ogni Paese debba fare la propria parte, in proporzione alla gravità della situazione.
Per quanto riguarda l’Italia, la gravità è massima. Anche un preoccupatissimo presidente Napolitano è in campo per affiancare il governo, che ha esortato ad agire con immediatezza. Infatti, c’è da rendere operativi i contenuti della lettera consegnata dal presidente Berlusconi a Bruxelles. Ma le difficoltà non sono poche: la maggioranza in Parlamento è risicata, veti incrociati rendono ardui gli accordi, ma soprattutto perdura il contrasto di gran parte dei ministri e dello stesso presidente con il titolare dell’Economia Tremonti.
Deve dimettersi il governo, come di giorno in giorno viene chiesto da una lista sempre più lunga di soggetti, compreso il direttore del Corriere della Sera, de Bortoli? Il presidente Berlusconi e tutti i ministri ritengono che l’emergenza non dipenda dal governo; anzi, sarebbe proprio l’emergenza a suggerire di non aprire una crisi che sarebbe al buio, data la mancanza di un’alternativa. E in effetti, se mantiene una maggioranza parlamentare, il governo deve governare; ma deve anche dimostrare grande incisività, rispondendo al richiamo del capo dello Stato ad agire con immediatezza. Innanzitutto quindi deve ritrovare compattezza interna e con essa unità di intenti con il ministro dell’Economia. La strada del rimpasto di governo, per risolvere la questione Tremonti, si presenta infatti rischiosa: i mercati potrebbero reagire male al cambio del titolare dell’Economia, visto il credito che egli si è costruito sin qui, blindando il bilancio dello Stato.
Ma se nei prossimi giorni il governo non desse la sterzata, la situazione si presenterebbe davvero drammatica. Anche la strada di un governo a guida di un’autorevole personalità sembra difficilmente praticabile, a meno che il Pdl, tutto o in parte, in nome della condivisione delle attuali gravissime responsabilità da parte di tutta la classe politica, non se ne convinca.
Non sappiamo se questa ipotesi, sotto l’urto della crisi, possa giungere a maturazione, e anche nei tempi strettissimi che richiede; perciò, attendiamoci dal governo che ponga in essere tutte le misure che l’Europa e il mondo si aspettano.