Israele, Palestina e «l’affare del secolo»

Annunciato da tempo, il “deal” proposto dal genero di Trump, Jared Kushner, rischia di essere un buon business e un naufragio politico. Per conoscerlo bisognerà aspettare la fine del Ramadan
AP Photo/Sebastian Scheiner

«The deal of the century», cioè l’affare del secolo, è la definizione data dal presidente statunitense Donald Trump al misterioso e più volte annunciato, ma solo annunciato, piano di pace che dovrebbe sanare il conflitto israelo-palestinese. È significativo che il termine deal indichi in inglese sia un accordo che un affare. Si tratta, in altri termini, di un piano che punterebbe ad essere un accordo, ma che in realtà rischia di diventare solo un affare per qualcuno, nonostante le intenzioni del proponente, Jared Kushner.

La presentazione del piano di pace è per ora rimandata, come ha spiegato di recente lo stesso Kushner: «Il primo ministro Netanyahu ha avuto una grande vittoria elettorale, ed è nel mezzo della formazione della sua coalizione. Una volta fatto ciò, ci troveremo probabilmente nel mezzo del Ramadan, quindi aspetteremo fino a dopo la fine del mese di digiuno e poi esporremo il nostro piano». Insomma la presentazione è rinviata a dopo Eid al fitr (4-6 giugno), la festa che conclude il mese islamico del digiuno. Sempre che Netanyahu riesca nel frattempo a varare un governo e sempre che dalla coalizione non saltino fuori dei veti, cosa per nulla improbabile. Insomma, l’accordo del secolo sembra più «la strana cosa dei se e dei ma» ancor prima di entrare nel merito.

 

Ma chi è Jared Kushner? 38 anni, non è solo il genero di Trump, avendo sposato Ivanka Trump nel 2009, perché dal 2017 è anche consigliere anziano della Casa Bianca, con ampi poteri. Proviene da una famiglia ebraica ortodossa originaria dell’Europa dell’Est. È stato un uomo d’affari, immobiliarista e proprietario del New York Observer. In politica, pur avendo sostenuto fino al 2014 i democratici, nel 2015 è passato ai repubblicani e nell’ultima campagna presidenziale del 2016 ha curato e sviluppato la strategia mediatica digitale di Trump. Non è un mistero il suo coinvolgimento nel Russiagate, lo scandalo delle interferenze russe in favore di Trump, senza che ci sia naturalmente nulla di provato.

Nell’elaborare il piano, insieme al suo team di lavoro, Kushner parte da alcuni presupposti ben allineati con la visione politica del presidente Trump: «Il conflitto tra Israele e i palestinesi – afferma – è stato usato per molti anni per incitare e radicalizzare, mentre l’odio per Israele ha unito tutti i Paesi della regione. Oggi la situazione è cambiata a causa dell’Iran, che è la più grande minaccia per l’intera area». A partire da questo radicale assioma anti-iraniano, secondo Kushner la strada è aperta a un’alleanza che coinvolga nel progetto di pace tra Israele e i palestinesi, oltre agli Usa, i vari Paesi sunniti della regione, in particolare Arabia Saudita, Oman, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e addirittura il Qatar, non senza un’intesa con Egitto e Giordania.

Tutto ciò, secondo Kushner, nel rispetto di alcuni fondamentali principi: «Il primo, la libertà. Vogliamo garantire alle persone la libertà di avere opportunità, la libertà di religione, la libertà di culto, indipendentemente dalla fede». E poi: «Rispetto. Vogliamo che tutte le persone abbiano dignità e si rispettino a vicenda. Opportunità. Vogliamo che le persone siano in grado di migliorare la loro vita e di non permettere che il conflitto dei nonni dirotti il futuro dei figli».

Ben oltre i principi, è però il business plan ciò che sembra catturare l’attenzione dei potenziali partner: il piano Kushner sembra prevedere un budget decisamente considerevole: 30 miliardi di dollari. Inoltre, alcuni elementi del piano che stanno emergendo fra le fessure dell’embargo, sono: la creazione di un unico Stato palestinese, a sovranità limitata, su metà della Cisgiordania e sulla striscia di Gaza. Il che lascia intendere che l’altra metà della Cisgiordania passerebbe direttamente allo stato israeliano, colonie ebraiche comprese. E la città di Gerusalemme diverrebbe ufficialmente capitale di Israele.

 Per quanto riguarda Gaza, verrebbe riunificata alla rimanente Cisgiordania palestinese sia amministrativamente che fisicamente, tramite un’autostrada sopraelevata e rigorosamente priva di uscite intermedie. Il che suggerisce anche un’inevitabile “eliminazione” di Hamas.

 Ho la sensazione che l’accordo del secolo, se così fosse, non sprigionerà tra i palestinesi ondate di entusiasmo, forse neppure fra gli arabi israeliani e tra almeno una parte degli ebrei. Però potrebbe essere un affare, per altri.

 

 

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