Isole nuove verso Rio
Mi ha colpito, nella giornata dedicata dall’Onu agli oceani, l’emergenza isole. Il mare, a causa dei cambiamenti climatici, rischia di sommergere noti arcipelaghi e atolli.
Mi ha colpito, nella giornata dedicata dall’Onu agli oceani, l’emergenza isole. Il mare, a causa dei cambiamenti climatici, rischia di sommergere noti arcipelaghi e atolli. A causa dei nostri consumi ne nascono invece di nuove, formate di rifiuti (oltre l’80 per cento solo plastica): dopo il Pacifico, tra le Hawaii e il Giappone con un diametro di 2500 chilometri, anche l’Atlantico ne ha una, nel Mar dei Sargassi di… appena 160 chilometri. Il tutto mentre è in corso la roadmap che porterà Stati, organizzazioni internazionali e società civile a Rio de Janeiro nel giugno 2012 al capezzale del pianeta.
Ricordo venti anni fa l’inizio della lunga marcia verso il vertice della Terra, la Conferenza di Rio su ambiente e sviluppo nel 1992. Quante attese per quell’evento che divenne un monito: verso il pianeta non abbiamo diritti, ma responsabilità, anche per garantire le future generazioni. Ce lo ricordano espressioni come sostenibilità, ecosistemi, biodiversità, buco dell’ozono.
Ora si riparte, ma emerge già un’accentuazione ambientalistica, senza riferimento alle responsabilità tra uomo e creazione, con il rischio di ritrovarsi nel dilemma di Rio ’92: solo “sviluppo sostenibile” o “la persona soggetto dello sviluppo sostenibile”? Quanto alla governance, tutto sembra orientato a costituire una grande organizzazione intergovernativa, senza il concorso delle diverse forze operanti nel settore ambiente-sviluppo e rischiando una “voce esclusiva”. E poi la green economy, che al momento sta per energia pulita, con l’idea di opporsi alla black economy (quella che utilizza carbone e petrolio), presentata come un “nuovo metodo di crescita”. Mentre le piccole isole a rischio chiedono di parlare di blue economy per difendere gli oceani con le loro risorse.
Entro novembre sarà elaborato il documento di base. Ma vedo ritornare un linguaggio cifrato, con la tendenza a ritenere inutile la via multilaterale, mentre i rischi del pianeta sono globali. Non c’è bisogno di azione ma di comunione per gestire un fenomeno fuori controllo, iniziando da piccoli gesti quotidiani. Coscienti che pure la scomparsa o la nascita delle isole dipende da quelli.