Irlanda, frontiera e cuore dell’Europa
È un continuo sventolìo di bandiere europee e irlandesi, associate in questo semestre dalla presidenza dell’Unione europea. Sul bordo del Liffey, il fiume che divide in due Dublino, i vessilli si stagliano sulle abitazioni coloratissime che si alternano ai severi edifici pubblici. Siamo ai confini dell’Europa, ma ne siamo pure al cuore. Un cuore che si dimostra, per sua natura, cristianissimo: nel primo giorno di quaresima, nei pub non è raro scorgere giovani che ostentano sulla fronte la croce di cenere tracciata dal prete in parrocchia. Il fatto è che, nonostante la crisi che attraversa la Chiesa irlandese, le radici cristiane sotto la superficie restano profonde: risalgono fino agli inizi del V secolo, quando lo schiavo Patrizio, da precursore della inculturazione, non impose il cristianesimo, ma fece sì che le tradizioni celtiche assumessero un senso cristiano. Basta leggere il preambolo della costituzione del 1937 per rendersi conto della natura cristiana del popolo irlandese: Nel nome della Santissima Trinità – è scritto -, dalla quale viene ogni autorità e alla quale, come scopo nostro finale, tutte le azioni degli uomini e degli stati debbono essere riferiti… Cercando di promuovere il bene comune, con la dovuta osservanza della prudenza, della giustizia e della carità, cosicché la di- gnità e la libertà degli individui possano essere assicurate, il vero ordine sociale raggiunto, l’unità della nostra nazione ricostituita, e che sia stabilita la concordia con le altre nazioni….” No comment. Tradizione e secolarizzazione È tuttavia innegabile che una profonda secolarizzazione stia attraversando l’isola. Fenomeno che nasconde il problema della conciliazione tra tradizione e innovazione. Ascoltando il giornale radio e leggendo i quotidiani si può capire quali siano gli argomenti che più stanno a cuore agli irlandesi. Ebbene, in testa c’è la questione del sistema elettorale: mantenere quello tradizionale, assai complicato, con preferenze che viaggiano attraverso più candidati, oppure optare per il voto elettronico? Il secondo argomento è il fumo nei locali pubblici: anch’esso è uno specchio della battaglia tra vecchio e nuovo. Immaginate un pub senza odore di nicotina accanto agli effluvi della Guinness fredda e del whisky caldo? La secolarizzazione in Irlanda ha accelerato il passo soprattutto con lo sviluppo economico. Da una decina d’anni il paese registra bilanci in forte crescita, e si erge su tutti i partner con un aumento del Pil vicino al 5 per cento. Si è dato un nome a questo rush inatteso: Celtic Tiger, tigre celtica. L’inedito benessere che attraversa il paese rischia di spazzare via tradizioni e ricchezze culturali e religiose. Guarda caso, questi stessi anni di crescita economica sono stati accompagnati da una parallela crisi della chiesa, peraltro annunciata da lungo tempo e dovuta paradossalmente anche al fatto che per secoli essa è rimasta l’unica istituzione riconosciuta come punto di riferimento dagli ir- landesi. La chiesa si è sclerotizzata nelle sue certezze terrestri, soffrendo anche qui per vari scandali, seppur gonfiati, a causa dei quali si è chiusa a riccio, mi dice un noto teologo. Ma, nonostante tutto, l’Irlanda resta cristiana, ricca di una risorsa rimasta intatta: agli irlandesi piace discutere, piace dialogare. A qualsiasi prezzo. Raccontano gli stessi abitanti dell’isola, con encomiabile autoironia, l’incredibile storia (peraltro verificata) di un’autostrada che nel suo percorso avrebbe distrutto un sito di riproduzione delle lumache. Ebbene, dopo tre anni di discussioni, con una decina di milioni di costi supplementari, si era deciso di costruire una variante. Mesi più tardi, un’inondazione ha spazzato via ogni traccia di lumache… Ma nessuno si è lamentato: si era deciso di spendere quei soldi tutti insieme! L’isola e i suoi ponti Politica, economia, mondo ecclesiale, media: Chiara Lubich lascia ovunque tracce di fraternità. L’isola e i suoi ponti Li chiamano i quattro poteri, la politica, l’economia, la chiesa e i media. Poteri che per loro natura dovrebbero essere dialogici. Dovrebbero, perché nella realtà succede spesso il contrario. Chiara Lubich e la sua spiritualità dell’unità – anch’essa per natura sua dialogica e unificante – ha lasciato in Irlanda, nella sua visita di fine febbraio, semi di fraternità, che sono caduti in terra fertile. An Taoiseach È nella residenza elettorale del primo ministro, denominata San Luca, a Drumcondra, il suo quartiere, che Bertie Ahern ha ricevuto Chiara. Una palazzina modesta, tappezzata di foto degli incontri con i grandi, da Bush a Clinton, da Prodi a Chirac… Altre pareti sono occupate dalle tappe della carriera politica del premier, dalla prima elezione locale al battesimo da deputato. Ahern è uomo politico amato dal popolo perché del popolo, fiero delle sue origini popolari. Chiara ha incontrato perciò non solo il primo ministro, presidente di turno dell’Ue, ma anche l’uomo, il leader del Fianna Fàil (clan del destino) dal forte radicamento popolare. Il primo ministro, che qui si chiama An Taoiseach (capo tribù, leader), ha esposto le sue idee sull’Europa, un continente unito e forte – nonostante le sfide enormi che gli stanno di fronte, a cominciare dal rapporto con l’Islam e dalla povertà africana -, ma anche aperta al resto del mondo. Dialogante, appunto. Il messaggio sulla fraternità, da sempre leit motiv di Chiara, è perciò stato accolto con grande interesse. Parlando ad esempio dell’inveterato problema dell’Irlanda del Nord, hanno convenuto sul bisogno di un ecumenismo della vita. Bertie Ahern, dichiara: Il messaggio di oggi è molto importante per un’isola come l’Irlanda che è stata divisa, che ha una società ancora travagliata per le difficoltà religiose. Penso che quello che ho sentito oggi testimoni il grande lavoro svolto dal movimento nel mettere assieme la gente, capendo i loro problemi. Abbiamo anche parlato delle difficoltà dell’Unione europea, che si indirizza verso l’unificazione. Nel futuro dovremo coesistere tra culture e stati diversi. L’eco della tregua Tutt’altro ambiente al palazzo presidenziale, incastonato nel parco pubblico urbano più vasto d’Europa, non lontano dall’enorme croce della messa celebrata nel 1979 dal papa per un milione e mezzo di persone. Il palazzo, tra opere d’arte e un preciso cerimoniale, è il massimo della rappresentanza istituzionale. Mentre la presidente Mary McAleese, profondamente cristiana, è proprio il contrario, cioè quanto di più cordiale si possa immaginare, sorridente e affabile, pronta alla battuta. Eletta a suffragio universale, a furor di popolo si vorrebbe che accettasse un secondo mandato, perché la presidente si è fatta amare. Mary McAleese viene dall’Irlanda del Nord. La mattina dell’incontro con Chiara non poteva cominciare in modo migliore. La radio, infatti, ha annunciato che una tregua a tempo indeterminato era stata sottoscritta anche dalle fazioni più refrattarie alla pacificazione. E ciò grazie anche ai buoni uffici della presidente. Il colloquio è stato caratterizzato da una profonda intesa, basata sulla comune fede cristiana. Si è parlato molto d’Europa, naturalmente, e della nuo- va costituzione che sembra non tenere conto delle radici cristiane e del richiamo a Dio. È apparso evidente, quindi, il contributo che anche i movimenti possono dare, per mostrare che, senza Dio, l’Europa avrebbe poco da dire. Al termine, l’ospite ha commentato: Non immaginavo che la presidente fosse così disposta a far famiglia. Ha molte doti, ma soprattutto è una cristiana convinta. Avverto una forte sintonia con lei. Speriamo che possa influire anche su questa nostra Europa, con la sua personalità e con la sua sapienza. Nei media La tournée di Chiara in Irlanda è stata seguita da giornali e radio con articoli e interviste, a testimonianza di un messaggio di fraternità cui l’Irlanda è particolarmente sensibile. Uscendo dalla O’Reilly Hall dell’Ucd, dove aveva appena incontrato la comunità dei Focolari in Irlanda – più di 1200 persone -, un giornalista della radio nazionale Spirit l’ha fermata, chiedendole cosa avrebbe detto a un giovane irlandese seduto accanto a lei in autobus. Chiara ha risposto con un breve ma incisivo invito a risvegliare in tutti l’amore cristiano. Perché – ha concluso citando il titolo di un libro sui Focolari da poco uscito – voi irlandesi siete un popolo nato dal Vangelo, siete naturalmente cristiani. Evangelizzare di nuovo Problemi e speranze nell’intervista al vescovo coadiutore di Dublino, Diarmuid Martin. Evangelizzare di nuovo Qual è la situazione della Chiesa irlandese, all’indomani scandali a ripetizione? E quale il suo impegno di rievangelizzazione in un contesto di secolarizzazione che non risparmia il primo paese diventato cristiano al di fuori dell’impero romano? La Chiesa porta sempre un messaggio di speranza, che deve essere vissuto con realismo. Dopo trent’anni trascorsi all’estero, ho incontrato una secolarizzazione più forte quanto potessi immaginare. Il livello della pratica religiosa si è notevolmente abbassata: in alcune parrocchie è ormai al 5 per cento. La sfida di capire come proporre una nuova evangelizzazione che coinvolga tutta la chiesa, non solo il clero ma anche movimenti e i laici, usando nuove forme per raggiungere chi ha perso contatto con la chiesa. Bisogna anche guardare alla formazione religiosa dei laici, che deve coprire tutta la vita dei cristiani. Ieri ho detto messa nella chiesa che fu del card. Newman. Il suo sogno era quello di formare un laicato forte nella fede, capace di influire sulla società, formato da laici maturi. Proprio di questo c’è bisogno. L’Irlanda è oggi a capo dell’Ue. Quale l’impegno della Chiesa irlandese? Essa cerca di ricordare al governo alcune sue responsabilità, per esempio il significato dei valori religiosi per l’identità storica dell’Europa e per il suo futuro. Chiara Lubich ha incontrato il primo ministro e la presidente, a testimonianza dell’interesse da parte dei politici di tali valori. Troppo spesso, però, nelle riunioni a livello europeo la risposta dei nostri politici è fiacca, e subentra un certo conformismo, più nei burocrati che nei leader a dire il vero. Bisogna usare questo periodo per rafforzare sì il ricordo delle radici cristiane dell’Europa, ma anche delle responsabilità che essa ha verso il resto del mondo. È impossibile credere che l’Europa possa svilupparsi a scapito del resto del mondo. Finora lei ha ricoperto incarichi a livello internazionale, tra il resto all’Onu. Pensa che questa ricca esperienza possa esserle utile adesso che sta diventando arcivescovo della più importante diocesi irlandese? Dopo trent’anni torno in patria. La mia esperienza, nonostante avessi un impegno a livello di grandi organizzazioni internazionali, è sempre stato indirizzato a capire come portare il messaggio cristiano in un contesto pluralistico. È di aiuto tutto ciò, certamente. Ma ora anche la esperienza di amministrare una diocesi è interessante e attraente, come celebrare due o tre messe nei fine settimana in comunità diverse… Un impegno importante è anche quello coi sacerdoti, spesso resi insicuri dagli scandali, che hanno bisogno di essere sostenuti e incoraggiati. Ma non sono demoralizzati, questo no, e c’è una grande voglia di annunciare il Cristo e di rinnovare la chiesa. Quale ruolo possono avere i movimenti nella Chiesa irlandese? La chiesa in Irlanda non ha sempre accolto bene i movimenti, perché sono un elemento nuovo. Io invece guardo alla diversità di questi carismi, alla loro capacità di influire su aspetti non conosciuti della società. Torno perciò all’intuizione di Newman di un laicato maturo. Molti lo trovano proprio nei movimenti, perché questi offrono un punto di riferimento, una spiritualità, una formazione e una comunità di sostegno. I movimenti sono una grande ricchezza, perché formano un nuovo tipo di cristiano, capace di andare nella società e di proclamare la sua identità, senza la consueta timidezza. Sono convinto che questi carismi dei movimenti, che producono dei laici forti, abbiano un grande futuro. Quale il significato dell’incontro dei vescovi con Chiara Lubich? L’ho incontrata in diverse occasioni, in particolare a Ginevra. Debbo dare testimonianza della sua capacità di cogliere la gente di sorpresa, con un messaggio che forse non ci si aspetta, presentato in termini semplici che toccano i cuori delle persone. È perciò bello vedere un gruppo di vescovi che diventano ecclesia audiens, una chiesa che ascolta la sapienza che viene anche da una donna laica, che ha dedicato la sua vita alla evangelizzazione, e che attraverso il suo movimento ha toccato il cuore di milioni di persone, non solamente di cattolici, ma di cristiani di altre confessioni e di persone di buona volontà. Chiara è un modello di dialogo in una società pluralista. Il suo è un ecumenismo che tocca i cuori. E quando questi cambiano, anche le differenze appaiono sotto un’altra luce. TRA I BUSINESS MEN Un suggestivo titolo – Umanizzando l’economia globale: verso un’Economia di Comunione – per un convegno all’University College of Dublin (Ucd), nella sede della Michael Smurfit Graduate School of Business, la settima al mondo nel suo genere. Un appuntamento tra i più importanti del viaggio in Irlanda, in un momento in cui la nazione, a lungo cenerentola d’Europa nel business, diventa la più aggressiva commercialmente parlando, quasi ubriaca di ricerca di benessere economico, come precisa un imprenditore. Il lustro alla manifestazione è venuto dalla presenza di duecento esperti. Non sono mancati gli imprenditori dell’Economia di Comunione (EdC), che hanno dato credibilità al progetto. Benedetto Gui, professore all’Università di Padova, ha testimoniato come l’EdC sia una fucina di idee, portatrice di una cultura economica con elementi innovativi. E Lorna Gold, membro della commissione internazionale dell’EdC, ha tracciato le linee generali del progetto, partendo dalla curiosità che il suo nome suscita, associando due termini quali economia e comunione che paiono incompatibili. Si è notata la presenza del governatore della Bank of Ireland, Laurence Crowley, che ha proposto alcune riflessioni sulla necessità che l’economia pro profit, quella che genera benefici e benessere collettivo e nella quale l’EdC da sempre vuole essere inserita, abbia solidi valori etici e di solidarietà. Il discorso di Chiara, che non voleva essere specialistico, era diretto alle basi stesse dell’economia, perché analizzava gli effetti economici dell’amore evangelico che crea la famiglia umana. Le testimonianze dall’Olanda, dall’Italia, dal Brasile e dall’Irlanda hanno mostrato come l’EdC non sia un progetto tracciato sulla carta, ma una realtà di quasi 800 imprese. Il governatore ha dichiarato in conclusione: L’EdC mi interessa certamente per la teoria economica e aziendale, ma ancor più perché mi sembra nascere da una forte cultura spirituale. Il business ha bisogno della dimensione etica che l’EdC porta. Perché no, anche in Irlanda, dove il dinamismo economico necessita di un supplemento di valori. MAYNOOTH Nell’imponente seminario nazionale di Maynooth, sede anche di una università pontificia e di una statale, oltre che della Conferenza episcopale,Chiara Lubich ha incontrato il cardinale di Dublino Connell, il nunzio mons. Lazzarotto e 16 vescovi irlandesi. Il presidente della conferenza, mons. Sean Brady con un affettuoso saluto in gaelico – cento mila benvenuti – ha accolto l’ospite sottolineando il contributo da lei offerto alla chiesa, a tutta la chiesa, negli ultimi sessant’anni, ricco di un messaggio di unità non solo per il mondo ecclesiale, ma anche per la società nel suo insieme. Chiara ha parlato sulla chiesa-comunione, sottolineato l’importanza della spiritualità di comunione che, proposta recentemente dal papa a tutta la chiesa, corrisponde alla spiritualità dell’unità vissuta e proposta dal movimento da sessant’anni. Il dialogo seguente non poteva non concentrarsi sui problemi della chiesa irlandese: sui giovani, sul dialogo interreligioso, sulla politica, sulla famiglia.