Iraq, Muqtada al Sadr “congela” il suo partito

Il leader del partito sadrista iraqeno, che alle elezioni di ottobre 2021 ottenne 73 deputati al Parlamento, ha deciso di “congelare” per un anno la sua formazione politica, in seguito al fallimento dei negoziati per formare una maggioranza di governo e al recente arresto di 65 sadristi, presunti membri di una setta religiosa legata al ritorno del dodicesimo imam
Iraq, Muqtada al Sadr
Un poster del religioso sciita Muqtada al-Sadr fuori dal parlamento iracheno a Baghdad, sabato 6 agosto 2022. (AP Photo/Anmar Khalil)

L’annuncio è di pochi giorni fa: Muqtada al Sadr, l’influente leader sciita iracheno, ha comunicato venerdì 14 aprile tramite social la sua decisione di “congelare” per un anno l’ala politica del vasto movimento sadrista, sciita ma nazionalista e anti-iraniano, di cui è a capo. Ha assicurato che rimarranno comunque attive le iniziative religiose (compresa la preghiera del venerdì che presiede) e l’attività della fondazione dedicata al padre, il venerato imam Muhammad Sadeq al Sadr, giustiziato nel 1999 per ordine dell’allora presidente iracheno Saddam Hussein.

Occorre ricordare che il movimento sadrista aveva ottenuto nelle ultime elezioni, lo scorso anno, 73 seggi (su 329) al Parlamento iracheno, vale a dire che si era affermato come prima forza politica del Paese. È vero che l’affluenza alle urne non era stata strepitosa, ma il 41% di votanti in un Paese con i problemi dell’Iraq non è affatto una percentuale trascurabile.

Emblematico il commento alla decisione fatta dallo stesso Muqtada al Sadr sul suo account Twitter: «Voglio essere un riformatore per l’Iraq e non posso riformare il movimento sadrista». Questo congelamento del “partito sadrista” da parte del suo stesso fondatore e leader non arriva però come un fulmine a ciel sereno: dopo l’assalto e il successivo ritiro dei sadristi dal Parlamento, l’estate scorsa, Sadr si era personalmente tirato fuori dalle trattative per la formazione di una maggioranza di governo, dopo 10 mesi di estenuanti e infruttuosi tentativi di accordo con la formazione sciita “rivale”, quella filo-iraniana.

Alla fine, dopo il ritiro dei sadristi e molte manovre per trovare una soluzione alla crisi, ad ottobre scorso la formazione del governo è stata affidata a Mohamed Shia al Sudani e alla coalizione di gruppi politici filo-iraniani.

La difficile decisione di Sadr di sospendere il movimento politico sadrista per un anno è precipitata in questi giorni a causa di un’inaccettabile “corruzione” che secondo il leader si è insinuata fra alcuni dei suoi seguaci.

Venerdì 14 aprile, infatti, il Consiglio giudiziario supremo iracheno ha confermato l’arresto, ordinato da un tribunale, di 65 sadristi presunti seguaci di una pericolosa corrente denominata “Popolo della Causa”, che recentemente ha preso d’assalto la Grande Moschea di Kufa, nella provincia di Najaf. Si tratterebbe di una sorta di setta che ritiene che Muqtada al Sadr sia il Mahdi (il guidato), il dodicesimo imam che sarebbe scomparso secondo una tradizione islamica molti secoli fa: una sorta di figura escatologica dell’Islam che con il suo ritorno alla guida di un esercito di fedeli sconfiggerà il male nel mondo. I ritorni dell’Iman nascosto, il Mahdi, sono ricorrenti nella storia dell’Islam sciita, pur trattandosi di una “rivelazione” assolutamente estranea al Corano.

La situazione politica del Paese (e non solo quella) continua quindi a rimanere difficile e fragile, soprattutto, non si vedono molte prospettive. Ad aggravare il quadro complessivo si è aggiunto ad inizio aprile un rapporto pubblicato dal Comitato delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate (Ced), che ha segnalato la scomparsa nel nulla in Iraq, negli ultimi 50 anni, di un milione di iracheni. Persone di cui non si sa se sono vive o prigioniere o scomparse. I periodi principali delle scomparse sono stati rilevati al tempo della dittatura di Saddam Hussein, delle Guerre del Golfo e dell’espansione dell’Isis. Ma il fenomeno sarebbe tuttora presente, anche per mancanza di una legislazione specifica che persegua questo crimine.

La prima fase di sparizioni forzate è quella relativa al dominio di Saddam Hussein (dal 1968 al 2003): si tratterebbe di 290mila persone, fra le quali almeno 100mila curdi. Nel successivo periodo di controllo statunitense dell’Iraq sarebbero scomparsi circa 200mila iracheni, la metà dei quali sarebbero detenuti in carceri gestite da Usa o Regno Unito. La terza fase di sparizioni inizia con l’espansione dello Stato Islamico nel 2014, ma non termina del tutto con la sua sconfitta a Mosul, nel 2017. «Altri fenomeni in corso – spiega la nota del Ced pubblicata ad inizio aprile – includono la presunta sparizione forzata di bambini, in particolare bambini yazidi nati dopo che le loro madri sono state oggetto di violenze sessuali nel centri controllati da Daesh [Isis]».

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