Iraq e Iran colpiti da un terremoto 7.3

Al confine tra Kurdistan iracheno e Iran un violento sisma provoca centinaia di morti, soprattutto lato persiano. Partono i soccorsi
EPA/ABEDIN TAHERKENAREH

In una zona tra quelle politicamente e militarmente più sensibili dell’intero pianeta, al confine tra Kurdistan iracheno e Iran, e non lontano dalla frontiera turca, altra linea caldissima nella regione, si registra una catastrofe le cui proporzioni non sono ancora circoscrivibili. La scossa è stata registrata a una profondità di 25 chilometri, a una trentina di chilometri a Sud-Ovest della città iraniana di Halabja, in una zona montuosa della provincia irachena di Suleimaniyeh, alle 20 e 18, ora italiana. Il sisma stato chiaramente avvertito in una vasta zona, da Israele fino a Dubai. Secondo le prime notizie i morti sarebbero più di 400 in Iran e una ventina in Iraq. Centinaia i feriti.

Il centro più colpito in Iran è quello di Sar-e Pol-e Zahab (85 mila abitanti), con 280 morti. Secondo i media iraniani, una donna e un neonato sono stati estratti vivi dalle macerie in queste ultime ore. Secondo i politici locali, l’ospedale e metà delle scuole sono state danneggiate. Nella vicina contea di Dalahoo molti villaggi sono stati distrutti totalmente, stando al resoconto del prefetto locale. Secondo il governo iraniano, 22 mila tende, 52 mila coperte e circa 17 tonnellate di riso e 100 mila scatolette di alimenti sono stati instradati verso l’epicentro del sisma. Lato Iraq, a Darbandikhan, le autorità hanno invitato gli abitanti a lasciare la città e i suoi dintorni per il pericolo che la vicina diga sia stata danneggiata dal sisma.

Istantanea, praticamente, è stata la mobilitazione delle protezioni civili dei due Paesi colpiti, in particolare in Iran. Ma anche la solidarietà internazionale si è immediatamente messa in moto al di là delle fratture politiche. Così la vicina Turchia ha già inviato aiuti sia in Iraq che in Kurdistan, così come hanno fatto i Paesi del Golfo persico, indirizzando è vero i propri aiuti a Erbil; ma ciò è comunque un segno della volontà di mettere in primo piano la sofferenza dei cittadini rispetto alla ragione di Stato e alle tensioni politiche. Anche Stati Uniti, Cina e Unione europea hanno cominciato a inviare aiuti, tanto più che l’inverno è ormai rigido nella regione.

 

 

 

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