Io sono Giuda
Leggere il dramma Io sono Giuda (Ares edizioni), che Giampiero Pizzol ha tratto da Il mistero di Giuda di Maria Valtorta, e prendere visione dell’omonimo film realizzato dagli attori e registi Andrea Carabelli e Matteo Bonanni con il Teatro degli Scarrozzanti è di assoluto interesse per il valore letterario del testo, reso ancora più coinvolgente dalla sua traduzione in immagini, dalla bravura degli attori, dal suggestivo commento musicale di Ivano Conti e dagli scenari della murgia materana, in cui fiorì una millenaria civiltà rupestre: le stesse location scelte da Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson per i loro film-capolavori.
E proprio con queste immagini affascinanti inizia il racconto, mentre la voce fuori campo di Gesù commenta: «Quello che deve essere sarà. Giuda è parte di questo futuro, ci deve essere anche lui. Dovete amarlo più di ogni altro. Facile è amare un giusto, difficile è amare il peccatore quando il male è in lui. Giuda è giovane, giovinezza è vino che fermenta e poi depura. Nel fermentare schiuma e trabocca e spacca gli otri con violenza. Il vento della primavera pare folle scapigliatura di fronde, eppure è anche fecondatore di fiori. Giuda è vino e vento. Scompiglia e turba, urta e fa soffrire, ma non tutto è malvagio in lui… Se voi lo amate forse si correggerà. Il Padre mi ha affidato quell’uomo e mi chiederà conto della sua anima. E io chiedo a voi di aiutarmi. Imparate più attraverso Giuda di Keriot che attraverso ogni altra persona. Molti Giuda troverete nel mondo e pochi santi. Egli con i suoi difetti vi mostra l’uomo come è e io vi mostro come l’uomo può essere. Voi conoscendo l’uno e l’altro dovete cambiare il primo nel secondo».
Prima scena. In una camera semibuia si affrontano Simon Pietro e Giuda, quest’ultimo confinato in un gabbiotto come l’imputato in un processo, simbolo della prigione a cui l’ha condannato il suo stesso orgoglio, impedendogli di ottenere salvezza e perdono. Al dialogo concitato e immaginario, giacché Giuda si è già impiccato, si alternano alcuni flash back della sua storia: tranne l’ultimo, sono quadri volutamente statici, rispettosi dell’origine teatrale del testo, dove la parola ha modo di esprimersi in tutta la sua forza. Vediamo così Giuda all’inizio della sua vicenda col Maestro, che è stato lui a scegliere, come tiene a precisare, lui a difendere ed esaltare. E ciò perché in quel profeta che affascinava le folle con l’insegnamento e i miracoli ha intravisto la possibilità di instaurare quel regno messianico nel quale lui giudeo aspira ad aver parte non secondaria grazie alla cultura e alle conoscenze autorevoli di cui è dotato, a differenza degli altri apostoli, galilei rozzi e inesperti.
Ma quel regno, così come lo presenta Cristo con parole ed azioni, è ben diverso da come lo sogna Giuda: esige sincerità, amore, umiltà; e privilegia gli ultimi, la feccia dell’umanità. Disorientato e deluso, l’uomo di Keriot è diviso tra l’attrazione verso Gesù («L’ho amato») e le pulsioni malvage dettate dall’ambizione, che lo separano irrimediabilmente dagli altri discepoli, facendone quasi la “pecora nera” del gruppo. Quelli seguono Cristo e pendono dalle sue labbra, lui invece pretende di precederlo e di convincerlo a comportarsi da vero e glorioso re.
L’insanabile conflitto che ne segue raggiunge il suo acme nell’ultimo drammatico quadro in cui Cristo non riesce a far breccia nel cuore ostinato del discepolo più amato, perché più fragile e recettivo al male: mistero dell’onnipotenza divina costretta a fermarsi davanti alla libertà dell’uomo. Dio non costringe, propone e si offre. Invano la voce calma e profonda di Gesù insegue Giuda mentre fugge da lui (ma è come se volesse fuggire da sé stesso): un Giuda a tal punto allucinato, deforme e istericamente urlante da apparire trasformato quasi in bestia. E l’attore Carabelli che l’impersona ce ne dà una interpretazione da brividi.
Neppure il colloquio con Maria ha avuto il potere di distoglierlo dall’abisso apertosi dopo l’accordo con i farisei decisi a togliere di mezzo lo scomodo profeta di Nazaret. Per la madre di Gesù la resa di Giuda agli impulsi di Satana sarà una delle spade che le trafiggerà l’anima durante la passione del figlio. L’ultima scena vede Pietro e Giuda accusarsi reciprocamente. Pietro ha tradito Cristo per debolezza, ma si è pentito. Giuda pure, ma non s’è aperto al perdono, e ne è consapevole. È infatti l’orgoglio che l’ha perduto a dettargli le ultime battute mentre progressivamente s’immerge nell’oscurità: «Io mi sono giudicato, io mi sono condannato, io mi sono dato la morte! Io sono il buio, io sono il silenzio, io sono Giuda!».
Così commenta il regista e attore milanese Andrea Carabelli (1): «Giuda è prima di tutto colui che tradisce un amico, anzi l’Amico. Un amico che comprende tutto dell’essere umano: le sue fragilità, le sue incomprensioni, le sue passioni malate, il suo egoismo. E come amico gli chiede solamente di riconoscere il suo male e di starGli vicino. Ma anche di fronte a un’amicizia certa, stabile e sicura si può retrocedere, non abbandonarsi, non fidarsi. […] A Giuda manca l’umiltà di riconoscere chi solo può salvare la vita. La decisione di togliersi la vita è frutto del crollo del suo progetto e dell’esplicitarsi in lui del germe del peccato: sarete come Dio. […] Dio ci ha chiamati amici per mettersi sul nostro stesso piano, proprio come un amico al quale possiamo dire: “sì, abbracciami e perdonami”».
(1) Da anni Andrea Carabelli propone spettacoli religiosi che raccontano episodi significativi del Vangelo da punti di vista originali: Matteo ragioniere di Dio, I due di Emmaus, L’albero di Zaccheo e infine Io sono Giuda. Il film, totalmente autoprodotto, ha potuto realizzarsi grazie alla partecipazione di professionisti che hanno dedicato la loro prestazione rischiando sul suo esito. Gli spettatori che desiderano che continui l’approfondimento cinematografico degli scritti di Maria Valtorta possono informarsi presso questo sito.
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