Io, don Giovanni
Abbiamo visto il film di Carlos Saura, in uscita il 23 ottobre. Tre domande al protagonista, Lorenzo Balducci.
Scenografico, lussuoso. Una Venezia luccicante e nebbiosa, una Vienna dorata, in un Settecento forse un poco manierato, con estri caravaggeschi nella fotografia di Vittorio Storaro. La storia di Lorenzo da Ponte, ebreo diventato prete, massone e avventuriero, educato da Casanova e finito a Vienna a collaborare con Mozart, è esile e non approfondisce troppo. Mozart ricorda un poco (forse era inevitabile) l’Amadeus di Forman, ma Salieri è più benevolo e l’imperatore Giuseppe II un bonaccione.
Le donne, cantanti in genere, sono belle e maliziosette e Lorenzo riverserà sul libretto per Mozart le sue avventure dongiovannesche. Punteggia e prevale sul racconto la musica. Vivaldi e ovviamente brani – arrangiati – dalle Nozze di Figaro e dal Don Giovanni, la cui gestazione viene seguita quasi passo passo. Il cast se la cava abbastanza bene, pure il protagonista, il giovane romano Lorenzo Balducci, che recita in particolare con lo sguardo.
Non è un capolavoro, ma un bello spettacolo, soprattutto da vedere sul grande schermo.
Tre domande a Lorenzo Balducci
Come ti sei trovato ad essere Lorenzo Da Ponte, in “Io, don Giovanni”?
È il mio primo ruolo da adulto, con un personaggio che ho potuto studiare a fondo, leggendo le Memorie di Da Ponte e vedendo i film di Fellini e di Forman. Per me, che ho 27 anni, è stato una specie di salto nel buio per interpretare un tipo arrogante, sicuro di sé, diverso per certi aspetti dalla mia personalità. Certo, le mie corde sono molto vicine ai ruoli drammatici: non sono una persona cupa, anzi, spesso, il contrario, ma amo le sfide.
Come nel prossimo film di Luciano Melchionna, in uscita a novembre, “Ce n’è per tutti”…
Con Luciano ho vissuto in Gas la mia prima esperienza da protagonista, dopo un po’ di fiction alle spalle. Qui ho recitato quasi con rabbia, per dimostrare che non ci si può arrendere alla vita e smettere di credere che si possa creare un mondo armonioso. In Ce n’è per tutti sono Gianluca, un ragazzo che cerca la felicità in un mondo pesante. Un film che offre molti spunti di riflessione sui giovani, anche se io sono ancora alla ricerca di poter raccontare in modo autentico la loro realtà.
Hai lavorato con registi come Zanussi e Techinè. Ora sei protagonista di un film che parla di amore. Che ne pensi, a proposito?
Quando il cuore batte per una persona, niente regge al confronto. Non distruggerei la mia vita sentimentale per il lavoro. Se lo facessi, distruggerei anche quello. Per me poi è importante la serenità, l’armonia delle cose intorno, la musica, che ascolto sempre. Poi, amo far regali alle persone. Anche recitare, non ci riuscirei se non lo facessi per qualcuno.