Investire per ridurre le imposte

Restare credibili senza aumentare la spesa pubblica e il debito, è possibile. Ora però bisogna trovare risorse senza nuove tassazioni che impoveriscano le famiglie. Vendere i beni pubblici può essere una soluzione e al contempo rendere detraibili le spese per i servizi dal medico all'eletticista
macchine e operai

Con l'avvento dell'euro invece di ridurre il debito pubblico approfittando del conseguente basso costo del debito, per compiacere i propri elettori i nostri governi hanno aumentato la spesa pubblica. E questo fino a quando la crisi internazionale ha reso evidente che il debito era diventato così alto da togliere credibilità al nostro Paese e a spingerci sul baratro dell'insolvenza.

Primo obiettivo del governo Monti è stato il riacquistare la credibilità, a qualsiasi costo, ed adesso che lo spread è ritornato sotto i 300 punti, il nuovo obiettivo è la crescita; per crescere occorrere investire, ma rimanendo credibili, rispettando l'impegno di raggiungere nel 2013 il pareggio di bilancio: per investire occorre quindi trovare risorse, o riducendo la spesa pubblica evitando di comprimere ancora le entrate delle famiglie, oppure trovando modo di aumentare le entrate, ma senza nuove imposte, anzi riducendole.

Una situazione quindi complessa: siamo in una gabbia serrata da un robusto lucchetto di cui non abbiamo la chiave. In campagna elettorale adesso tutti si dicono capaci, come il mago Houdini, di uscirne anche senza di essa: la chiave la possiede la Germania, che però la userebbe solo se si convincesse che non è una sciagura investire tutti assieme, anche a rischio di un po' di inflazione, in infrastrutture che ci renderebbero tutti più vicini e più europei.

In attesa che la Germania si convinca, possiamo trovare autonomamente nuove risorse senza nuove imposte o tagli di spesa dolorosi per i cittadini: in tempi non brevi vendendo beni pubblici, ma in tempi più brevi assestando un deciso colpo all'evasione fiscale, in particolare a quella dell'Iva, che è resa possibile dalla complicità dei prestatori di servizi professionali e artigianali.

Invero davanti allo spreco del denaro pubblico di cui si è venuti ultimamente a conoscenza, comportarsi da bravi cittadini è quasi eroico: non essendovi alcuna convenienza o timore di sanzione, è difficile esigere la ricevuta fiscale da un medico, da un avvocato, da un elettricista o da un idraulico, quasi sempre ben felici di "aiutarci a risparmiare" evitandola: essi, oltre ad evitare il fastidio di versare l'Iva, possono così anche ridurre l'imponibile da dichiarare. 

Per rendere meno eroico questo comportamento occorrerebbe rendere detraibili senza alcun tetto le spese sostenute per questi servizi: vi è chi paventa che se lo diventassero si innescherebbe un "commercio delle ricevute" vendute da chi non ne avrebbe vantaggio a chi ne avrebbe, eventualità che si potrebbe scongiurare rendendo detraibili solo le ricevute con il codice fiscale delle due parti, rilevate dal tesserino sanitario, come in farmacia.

I ministri delle Finanze sono di solito restii a questa operazione, nel timore che la riduzione delle entrate statali dalle imposte sul reddito non sia compensata dall'aumento dell'Iva e dai redditi in più di chi dichiarava meno: pensando che i contribuenti ne avrebbero una riduzione netta di imposte, potrebbero convincersi, magari per il primo anno accantonando per sicurezza qualche  risparmio prodotto dalla riduzione dello spread: in seguito certamente i maggiori introiti dell'Iva e l'aumento degli imponibili delle controparti li compenserebbero  più che ampiamente; si ridurrebbe la evasione ed aumenterebbe l'equità.

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