Intrappolati in Libia
Davvero è possibile stabilizzare la Libia salvaguardando i diritti umani dei migranti e trattando con tutte le parti in causa? A questa domanda nessuno specialista riesce a rispondere con un sì. Perché il problema in Libia è la Libia, cioè un Paese che non è una nazione, tenuto insieme dalla spartizione dei petrodollari e dal pugno del colonnello Gheddafi. Un Paese i cui confini non sono né geografici né politici, ma solo il frutto della spartizione coloniale che in decenni non è riuscita a produrre una classe dirigente che non fosse forgiata nelle accademie militari. Cultura clanica e oro nero sono stati l’innesco per quella che rischia di trasformarsi nella Somalia della porta accanto. Il traffico di esseri umani ha sempre visto nei contrabbandieri libici l’ultimo ingranaggio della filiera subsahariana. L’ultimo e il più spietato. Lo stesso colonnello Gheddafi usava i migranti per ricattare l’Italia e l’Europa. Una lezione appresa con puntiglio anche dai “partigiani” che hanno trucidato il rais e promettevano la “primavera libica”.
«Abbiamo l’ordine di non fare partire i barconi e di non lasciare andare gli stranieri. I negri sono la nostra assicurazione», mi hanno ripetuto i trafficanti di uomini che ho incontrato sulle coste libiche. «Altrimenti, l’Italia e l’Europa non ci pagheranno», dicono. Sullo sfondo, restano le faide tra i diversi gruppi armati che sperano di ottenere una legittimazione e parte dei fondi promessi dall’Italia e dall’Europa a Tripoli. In ballo ci sono non solo i 6 miliardi di euro promessi dall’Ue per tenere a bada il flusso di migranti, ma un bottino molto più ricco: le autorità libiche sperano di ottenere dall’Onu lo sblocco di quasi 300 miliardi di dollari congelati nelle banche di mezzo mondo all’epoca dell’embargo a Gheddafi.
La situazione dei profughi intrappolati nel Paese è disperata. Ai 23 campi governativi (7 sono stati chiusi dopo le denunce della stampa internazionale) se ne aggiungono decine di altri controllati dalle mafie locali. Le organizzazioni internazionali faticano ad accedervi e le milizie continuano a imperversare. Negli ultimi giorni sono ripresi gli scontri. E non deve essere un caso se un missile ha centrato l’ospedale di Sabratha, che pochi giorni prima aveva ricevuto aiuti italiani per circa 5 milioni. Come dire che per calmare le acque servirà la diplomazia del denaro. Il peggior scenario possibile.