Intolleranza anticattolica come rispondere

Il fatto è esploso col fragore di un petardo, creando tanto più scompiglio quanto più era inatteso. Parlo della bocciatura, o meglio del mancato gradimento espresso con un solo voto di maggioranza da una commissione del Parlamento europeo nei confronti del ministro Buttiglione, candidato a ricoprire l’incarico di commissario per la Giustizia e Interni. La notizia, raccolta dai media e rimbalzata amplificandosi prima ancora che se ne fosse colta a pieno la portata vera, ha creato sconcerto anche a Bruxelles, dove i giochi sembravano già preconfezionati, con buona pace di tutti. Dove l’onda lunga del maremoto ha prodotto invece l’impatto più vistoso è stato alla distanza, quando sono arrivate le riflessioni più mature, causando però l’effetto di un vero e proprio boomerang che si è ritorto contro chi lo aveva lanciato. Ne è risultato infatti chiaramente che chi era stato accusato di operare una indebita discriminazione era stato lui stesso discriminato. Qualcuno dirà che Buttiglione è stato poco accorto nel suo linguaggio, avendo usato termini esplicitamente religiosi in un contesto politico pluralista; ma egli – perché interrogato – ha espresso apertamente le sue personali convinzioni – come è suo diritto e dovere -, in un atteggiamento di sincerità nei confronti di chi lo interrogava e del pubblico; ed ha distinto correttamente tra le proprie convinzioni morali personali e il piano del diritto comune a tutti. Buttiglione può anche avere pagato per una certa avversione esistente a livello europeo nei confronti del governo di cui fa parte: avrebbero cioè colpito lui per colpire Berlusconi. Resta il fatto che è stata percepita una reale intolleranza nei confronti della morale cattolica, e che questo elemento ideologico è stato prevalente nel determinare il voto contrario al ministro italiano. Ciò è risultato più evidente quando si è conosciuto il testo delle sue risposte alle domande che gli erano state rivolte: Molte cose che non sono perseguite dalla legge – ha detto Buttiglione – possono essere considerate immorali. Io penso che l’omosessualità è un peccato, non un delitto penale. Lo stato non ha il diritto di ficcare il naso in questo campo. E ha proseguito: I diritti degli omosessuali devono essere difesi sulla stessa base dei diritti di tutti gli altri cittadini europei. Ma non accetto che gli omosessuali siano considerati una categoria a parte, che richiede una particolare protezione. Il muro innalzato dallo schieramento delle sinistre e dei liberali davanti a queste affermazioni è stato compatto, confermando l’impressione che esista una diffusa prevenzione che rende accettabili tutte le opinioni, tranne quelle che coincidono con la morale cristiana. Negando con ciò il diritto di professare apertamente le proprie convinzioni personali. Da cui il paradosso che il politico, se cattolico, venga giudicato inadeguato a coprire cariche pubbliche, perché si suppone che, nell’esercizio delle sue funzioni, si lasci condizionare dalla propria appartenenza religiosa. Generazioni di cattolici impegnati in politica, a cominciare dagli stessi padri fondatori dell’Unione europea, ci hanno testimoniato invece il contrario, e cioè che la religione aiuta ad essere fedeli all’impegno democratico, favorendo il rispetto per tutte le opinioni e per la dignità degli uomini, indipendentemente dal fatto che si condividano o meno le loro scelte. L’ideologia dominante a Bruxelles, e non solo, sarebbe dunque oggi quella dell’obbligatorio e generale relativismo dei valori e della conseguente accusa di intolleranza per chi obietta, nota Galli della Loggia in un editoriale sul Corriere. Mentre il filosofo Cacciari ammette: Oggi in Europa c’è un fondamentalismo laico che è il rovescio della medaglia di quello religioso. Ne abbiamo visto il peso quando è risultato impossibile introdurre un riferimento alle radici cristiane dell’Europa nel preambolo della Costituzione. Alla Settimana sociale dei cattolici che si teneva a Bologna negli stessi giorni, diversi relatori, suscitando visibili consensi, hanno denunciato i rischi del relativismo etico dominante che discrimina chi si professa cristiano. Ma l’avvenimento non è stato enfatizzato. Non è certo il caso di fare scoppiare una guerra di religione, ma neppure nuoce prender più chiaramente coscienza della realtà dentro cui ci muoviamo. Non certo per rinunciare a intervenire su di essa ma, al contrario, per rinnovare il nostro impegno di cittadini che credono nei valori fondamentali della democrazia, libertà, uguaglianza, rispetto per le persone e per i loro diritti. Questi valori universali – umani e cristiani al tempo stesso – sono per noi non confini che dividono, ma terreno di dialogo.

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