Internet, non cadiamo nella Rete!
Viviamo una vita sempre più social. È questo il dato che emerge in modo incontrovertibile dalla ricerca diffusa da Save the children “Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra i teen e gli adulti”, i cui risultati sono stati resi pubblici proprio alla vigilia della Giornata internazionale di sensibilizzazione dei rischi legati ad Internet, il Safer Internet Day.
La ricerca condotta da Ipsos ha coinvolto circa 800 adolescenti tra i 12 e i 17 anni e altrettanti adulti tra i 25 e i 65 anni, toccando diversi ambiti del nostro abitare l’ambiente digitale. Un campione ridotto, ma data la posta in gioco quando si parla di sicurezza online, vale la pena di leggere i risultati in maniera approfondita per farci interrogare e per capire, a grandi linee, quali siano le reali necessità in termini di educazione digitale.
In contemporanea, a completare il quadro, viene in aiuto la ricerca dell’Università la Sapienza di Roma, presentata in occasione del via al progetto “Giovani ambasciatori contro il bullismo e il cyberbullismo per un web sicuro”, organizzato dal Moige con la Polizia di Stato, insieme alla Fondazione Vodafone Italia e Trend Micro per un uso responsabile della rete.
Prima di guardare a questi dati, bisogna considerare una premessa fondamentale: che Internet, i social, le chat, sono luoghi che non vanno demonizzati, da cui scappare o che da chiudere, perché offrono un potenziale enorme. Sono luoghi che dobbiamo conoscere, per le potenzialità e i rischi che possono derivare da un uso poco consapevole, ma che dobbiamo soprattutto abitare, per imparare sul campo a guidarli e non permettere che siano loro a risucchiare noi.
L’aspetto della connessione
Primo dato fondamentale da considerare: come ci connettiamo con la Rete. Il 95% degli adulti e il 97% dei ragazzi possiede uno smartphone; questi ultimi lo ricevono sempre più presto, in media a 11 anni e mezzo, un anno prima di quanto emerso nel 2015. Ognuno di noi possiede, in media, 5 profili sui social network e anche l’età di iscrizione dei giovani su Facebook si è abbassata: è infatti in media a 12 anni e mezzo che si fa l’ingresso sul social network più famoso, nonostante le regole prevedano la possibilità di iscriversi solo a partire dai 13 anni. Per iscriversi, quindi, i ragazzi dichiarano un’età più alta di quella realmente posseduta.
Il controllo della privacy
Dalla ricerca emerge come sia gli adulti che i più giovani si dichiarino quasi del tutto inconsapevoli delle conseguenze delle loro attività in rete: perché se è vero che i 2/3 sono consapevoli che le proprie azioni e dati vengono registrati, ignorano però quali essi siano. L’ 80% è preoccupato da questo, ma ha ormai accettato l’idea di dover cedere i propri dati come prezzo necessario per essere presenti online. Il 50% degli adulti e il 58% dei ragazzi pur di scaricare un’app accetta (spesso senza esserne consapevole) che la stessa possa prendere possesso dei propri contatti e utilizzare altri dati personali.
Sia i giovani che gli adulti esercitano poca cura alla propria “storia” online, non prendendo in considerazione la necessità di operare una “manutenzione” costante dei propri profili, esasperando invece l’importanza dell’essere “presente qui e ora”: 9 su 10 non compiono azioni efficaci per proteggere la propria immagine online, come cancellare post passati (solo il 18% dei ragazzi e il 14% degli adulti l’ha fatto almeno una volta), togliere il tag del proprio nome da una foto postata online (lo fa solo il 12%) o bloccare qualcuno su Facebook o Whatsapp (lo fa solo il 19% dei ragazzi e il 16% degli adulti). E forse può sorprendere, ma i ragazzi sono un po’ più prudenti dei grandi nelle impostazioni della privacy su Facebook: ben il 66% restringe la visibilità dei post ai soli amici, contro il 58% degli adulti.
Cosa ci raccontano questi primi dati
“I risultati dimostrano che adulti e ragazzi condividono gli stessi livelli di consapevolezza delle conseguenze dei loro comportamenti in rete e spesso anche i comportamenti stessi” spiega Raffaela Milano, direttore dei programmi Italia-Europa di Save the children. “Si tratta di un dato preoccupante se pensiamo che gli adulti dovrebbero invece esercitare un ruolo di guida in un contesto complesso e in continua evoluzione, come quello del mondo e delle tecnologie digitali”.
Dunque, c’è molto da capire e da imparare. Ne riparleremo!