Intercettazioni: prevenire gli abusi, non bloccare le indagini

Torna d’attualità il dibattito sulle intercettazioni che il ministro della Giustizia Carlo Nordio vorrebbe limitare per impedire gli eccessi, limitando l’uso ad alcuni settori (mafia, terrorismo e criminalità organizzata) ed evitare di consegnare alla gogna mediatica persone non coinvolte. I magistrati e alcuni settori della politica denunciano il rischio di depotenziare le indagini e di spuntare le armi degli inquirenti
Intercettazioni
Camera dei Deputati, il ministro della Giustizia Carlo Nordio durante le comunicazioni sull'amministrazione della giustizia (Foto Mauro Scrobogna/LaPresse 19-01-2023 )

Il tema esiste e non si può far finta che non sia così: l’utilizzo delle intercettazioni come strumento d’indagine è uno dei temi giuridici del momento. Da una parte la posizione di chi, da anni, denuncia un uso smodato e ingiustificato delle intercettazioni e persino la diffusione non corretta dei contenuti.

Tra questi, da anni, si colloca il ministro della Giustizia Carlo Nordio che, da ex pubblico ministero, ha denunciato gli abusi, gli eccessi e le potenzialità intrusive delle intercettazioni, chiedendo che se ne faccia un uso più moderato e giungendo fino a prevedere dei limiti per legge. La sua posizione trova consensi nella maggioranza, soprattutto nell’area più vicina a Forza Italia, minori in altre aree politiche. La premier Giorgia Meloni sta dimostrando la sua capacità di mediare tra posizioni diverse, limitando i desideri di Nordio, ribadendo piena fiducia e sostegno all’operato del suo ministro, ma cercando anche di evitare uno scontro con i magistrati. Nordio ha comunque sempre ribadito che le intercettazioni su mafia e terrorismo non si toccano, saranno limitate quelle sui reati comuni che potrebbero portare sulla gogna mediatica i cittadini a prescindere dalle loro responsabilità reali, prima che vengano accertate.

Ma le intercettazioni sono strumento indispensabile per combattere la criminalità organizzata. Pd e Cinque Stelle lo difendono. Di recente, l’ex procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, oggi deputato del Movimento Cinque Stelle, è intervenuto alla Camera per difendere le intercettazioni. «Le intercettazioni non si toccano – ha detto in un’intervista a La7 – le intercettazioni telematiche e ambientali spesso ci fanno comprendere quali sono i rapporti di un soggetto rispetto ad altri. Oggi le mafie non si muovono con la violenza, ma con la convenienza. Non c’è più il mafioso con la coppola e il fucile. Le mafie puntano agli affari».

De Raho ha individuato alcune fattispecie in cui le intercettazioni sono assolutamente utili alle indagini: le violazioni fiscali e tributarie. Spesso un soggetto sostanzialmente sano viene avvicinato da altri, magari con la proposta di una falsa fatturazione. Si entra in un circuito che può collegarsi anche ad altri reati: i cartelli di imprese, le turbative d’asta, le corruzioni che oggi sono i nuovi strumenti privilegiati dalle mafie. «La mafia non è entità avulsa dal resto del mondo – ha detto il deputato 5 Stelle –, entra nell’economia politica, riesce a infiltrarsi negli uni e negli altri e gli elementi che ci consentono di provare le infiltrazioni sono le intercettazioni». Solo le intercettazioni possono consentire di individuare i reati di corruzione e concussione, i reati contro la pubblica amministrazione, le infiltrazioni illecite di alcuni soggetti nei gangli delle amministrazioni pubbliche. Senza le intercettazioni, questa fattispecie di reati sfuggirebbero più facilmente alla possibilità di perseguirli.

Diversa la posizione del Guardasigilli: il ministro Nordio vuole evitarne gli eccessi, non permettere che il magistrato eserciti da un lato l’azione penale, guidando l’operato delle forze dell’ordine e le indagini, dall’altro eserciti la funzione giudiziaria senza avere sostanzialmente dei limiti. Vuole bloccare il processo mediatico, basato solo sui sospetti e che talvolta consegna all’opinione pubblica una persona prima che su di essa si sia accertata ogni eventuale responsabilità con un processo in un’aula di tribunale. Di recente, intervenendo in Senato, il titolare di via Arenula ha detto che «le intercettazioni, anche quelle preventive, sono indispensabili. Altra cosa sono le intercettazioni giudiziarie che coinvolgono persone che non sono né imputate, né indagate e che, attraverso un meccanismo perverso e tra l’altro costosissimo di diffusione pilotata, finiscono sulla stampa e sui giornali e delegittimano e offendono cittadini che non sono minimamente coinvolti».

Le posizioni di Nordio sono condivise da buona parte della destra, da quella che si muove su posizioni più garantiste; suscitano qualche perplessità tra coloro che, nell’area del centrodestra, paventano il rischio di delegittimare il lavoro dei magistrati e di spuntare le armi degli inquirenti nella lotta contro la criminalità.

Nordio poi – è noto – è contrario anche agli eccessi dell’uso della carcerazione preventiva come strumento di pressione e dell’informazione di garanzia che spesso si trasforma in gogna mediatica anticipata.

Di recente poi, il 14 dicembre dello scorso anno, è entrato in vigore il decreto legislativo numero 188, con le nuove norme che, in ossequio alle direttive europee, rafforzano alcuni aspetti della presunzione di innocenza e limitano fortemente la possibilità di diffondere delle notizie, anche alla stampa, sulle indagini. Tale responsabilità viene demandata solo ai magistrati e con forti limitazioni specie per ciò che attiene la tutela della privacy e dei diritti delle persone indagate.

Si tratta di aspetti diversi di un unico problema, quella della gestione e dell’esercizio della giustizia in Italia che ha limiti evidenti.

Ma negli anni l’esercizio dell’azione politica è sembrato più mirato a garantire i diritti delle persone indagate (e il dibattito diventa talvolta più prorompente quando la vicenda giudiziaria riguarda degli esponenti politici), meno a rendere più funzionale l’esercizio dell’azione penale. Snellire i processi, accorciare i tempi e migliorare la funzionalità degli uffici giudiziari è un problema che si pone da tempo. Perché se la giustizia ha tempi lunghi finisce inevitabilmente con l’essere ingiusta. Ma su questi temi, sul tappeto da decenni, l’attenzione fatica a tradursi in provvedimenti efficaci.

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