Insieme verso l’unità della famiglia umana

500 persone, di 31 Paesi del mondo, con rappresentanti di otto grandi religioni, testimoniano un cammino comune di dialogo sul solco del percorso tracciato da Chiara Lubich
Convegno Urbaniana "Chiara e le religioni"

Dei piedi scalzi solcano il tappeto della moschea Malcom Shabazz di New York. Sono ben visibili perché siamo tutti seduti a terra. Gli uomini davanti, le donne dietro. L’attesa è alta, anche la trepidazione perché è la prima volta che una donna, cristiana, bianca e occidentale, parla in una moschea musulmana. Un vestito chiaro, un velo bianco le copre la testa. Non ricordo le parole, ma l’atmosfera indefinibile di amicizia, calore, rispetto, riconoscenza, comprensione che sembra colmare la distanza tra due religioni così apparentemente lontane.  

Siamo nel 1997, quattro anni prima dell’attentato alle Torri Gemelli. Una lungimiranza, un’apertura, uno sguardo che abbraccia il mondo prima della globalizzazione. È uno dei gesti profetici di Chiara Lubich ricordato a sei anni dalla morte, in un convegno, il 20 marzo, presso la Pontificia Università Urbaniana dal titolo: “Chiara e le religioni. Insieme verso l’unità della famiglia umana”. Nel suo intervento Maria Voce, presidente dei Focolari dice: «Chiara con il suo carisma è riuscita a leggere i segni dei tempi» e a cogliere che il mondo si avviava ad una svolta. «Ha aperto ‒ continua Maria ‒ delle prospettive di lungimiranza, aiutando la coscienza degli uomini del nostro tempo, di diverse latitudini, estrazioni culturali e credo religiosi, a capire che gli sconvolgimenti della nostra civiltà sono segno, non solo di una crisi del mondo contemporaneo, ma anche presagio della nascita di un mondo nuovo».

Un mondo nuovo che improvvisamente si è materializzato nell’aula magna dell’Urbaniana. Decine di colori, volti, forme dei visi, carnagioni, vestiti, copricapi, calzature, vari come possono essere le religioni cristiana, musulmana, ebraica, indù, buddhista, sikh, scintoista e tenrikyo, una moderna religione giapponese. Sono insieme per testimoniare come il messaggio di fraternità, di unità della famiglia umana non solo sia stato percepito ma approfondito, valorizzato e inserito nella propria tradizione religiosa. «L’amore ‒ spiega Maria Voce ‒ ha costituito il segreto di Chiara, l’amore che lei, cristiana, ha scoperto nel Vangelo e in Gesù, ma di cui ha trovato la presenza anche nelle altri fedi e culture.

Nel suo viaggio alle periferie del dialogo, dal Camerun all’India, da Israele all’Argentina, dalla Thailandia all’Algeria, molte persone da lei conosciute personalmente sembrava fossero a Roma per confermare la loro fede nel carisma dell’unità e per continuare sul percorso tracciato. «Portare l’unità ‒ invita Waichiro Izumita, direttore del dipartimento giovani della Rissho Kosei-kai, un movimento laico buddista giapponese, ‒ superando le differenze perché la radice è unica e c’è un reciproco arricchimento».

«Ho la passione ‒ dice con calore Phra Thongrattana Thavorn, monaco buddista thailandese, ‒ di condividere l’unità con tutti per trasmettere il messaggio di fraternità della famiglia umana. Chiara è del mondo intero, non è solo vostra, è anche buddista».

Il rabbino di Gerusalemme, David Rosen, direttore del dipartimento per gli affari religiosi del comitato ebraico trova delle similarità tra Chiara e il movimento chassidico ebraico perché «rende il divino percepibile e amato da tutti». «L’essere umano ‒ ha aggiunto ‒ quando è consapevole di essere amato da Dio, è in grado di amare. E amando il prossimo che permette di farsi amare, costruisce l’unità».  «Quella di Chiara ‒ conclude ‒ è una visione messianica, popoli con diverse percezioni del divino che riempiono il mondo con la conoscenza del Signore».

L’Imam americano Ronald Shaheed ripercorre il cammino del movimento musulmano presieduto, prima della sua scomparsa, da W.D. Mohamed che incontrò Chiara per la prima volta proprio nella moschea Malcom X di New York. «Per lui ‒ ricorda l’Imam Shaheed ‒ Chiara era ispirata da Dio ed era la donna più in alto di tutta la terra». Da allora è cominciata una collaborazione tra cristiani e musulmani in tutti di Stati Uniti e «quando ci incontriamo è una riunione di famiglia». «Solo Dio ‒ conclude ‒ avrebbe potuto rendere possibile questo».

«Non credete se non vi amate ‒ interviene Ahmer al-Hafi, direttore del Riifs della Giordania, citando il profeta Maometto ‒ fate che la pace sia con voi, perché è la prova che c’è l’amore». «Chiara‒ dice in modo sorprendete ‒ mi ha aiutato a capire il Corano in modo più profondo perché l’amore è l’essenza di Dio». «Non c'è conciliabolo a tre ‒ dice il Corano ‒ in cui Egli non sia il quarto, né a cinque in cui non sia il sesto; siano in più o in meno, Egli è con loro ovunque si trovino». Le religioni sono terre fertili, sono un dono reciproco, che orientano l’uomo verso il bene e la misericordia e l’amore nascono dalla stessa sorgente.

«Cosa facciamo oggi, determina il nostro domani ‒ spiega l’indiana Vinu Aram, direttrice di Shanti Ashram, ‒ dobbiamo fare opinione pubblica a favore della pace». «La sfida del villaggio globale ‒ conclude ‒ ci spinge a pensare come possiamo essere il cambiamento che stiamo aspettando».

Il convegno si è concluso con le parole di Christina Lee, co‒responsabile del dialogo interreligioso dei Focolari che ha evidenziato come «un ponte è stato gettato» e come ora sia necessario «percorrere  insieme il santo viaggio della vita» incoraggiati anche dalle parole di papa Francesco che ha ricevuto una delegazione in udienza privata: «Camminate e non vi fermate mai». Parole simili a quelle pronunciate, nel suo intervento di apertura, dal cardinale Francis Arinze, già presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso: «I focolarini e le focolarine sono un popolo in cammino, in comunione, in movimento. Come direbbe Papa Francesco, vanno nella periferia, escono, incontrano, dialogano, ascoltano e collaborano».

La sfida del dialogo appare sempre più attuale per trasformare la realtà sociale e religiosa del nostro tempo.

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