Insegnare senza lasciare ai margini nessuno
In pensione? Mai!
Tutto comincia quando una mia amica mi informa della richiesta, a lei arrivata, di trovare persone disponibili a tenere conversazioni in lingua italiana ad un gruppo di signore musulmane, di origine quasi totalmente marocchina. È ottobre e, da poco, sono in pensione, ex insegnante di lingua inglese alle scuole medie.
Recentemente papa Francesco ha scritto l’enciclica “Fratelli tutti” con cui profonde nel cuore il considerare tutti degni di attenzione e di dignità, senza lasciare al margine nessuno, quello che lui definisce «lo scarto». Il testo mi colpisce fortemente e mi dà il colpo d’ala per prestarmi a questa forma di volontariato. Alla richiesta di questa amica, quindi, rispondo positivamente. Mi informa immediatamente che riferirà il mio nominativo all’organizzatrice di tale iniziativa, Halim Hilam, presidente dell’Associazione culturale Basmat Amal, “Sorriso di Speranza”.
Una task force
Una mattina, mentre stiro, avverto sul cellulare un invito ad entrare in un collegamento sulla piattaforma Zoom. Dal nome che appare, capisco che si tratta della proposta che ho accettato ma la cosa mi coglie di sorpresa, tanto è vero che lascio il ferro da stiro in funzione per oltre un’ora, pensando si tratti della richiesta di qualche informazione. Mi ritrovo, insieme alla mia amica, un centinaio di signore desiderose di imparare la lingua, non in grado di conversare.
Mi rendo conto delle loro difficoltà linguistiche e già lo stesso giorno propongo all’organizzatrice di impostare questi incontri digitali in altro modo: posseggono infatti un bagaglio lessicale veramente ridotto, in quanto la loro vita si svolge esclusivamente tra le mura domestiche. La lingua parlata in famiglia è l’arabo o qualche sorta di dialetto e la lingua italiana è ridotta a saper fornire le proprie generalità o poco più, anche se alcune vivono in Italia da oltre venti anni. Alcune non sono affatto scolarizzate e nel primo periodo non è molto facile condurre le lezioni ad un gruppo di persone dalla preparazione così eterogenea. Per alcune bisogna iniziare con l’alfabetizzazione.
Per mia grandissima fortuna vengo affiancata da una brava mediatrice, anche lei da poco più di vent’anni in Italia, una persona solare e dalla mente aperta; due dei suoi figli sono universitari e lei ha imparato l’italiano seguendoli nell’apprendimento scolastico man mano che crescevano. Tra di noi si è instaurato un rapporto di grande stima e collaborazione.
Comincio, così, a crearmi un metodo per proseguire: invio via mail i testi delle lezioni che man mano creo perché lei possa condividerli nelle lezioni, successivamente considero di usare WhatsApp a questo scopo e coinvolgo tutte le corsiste nella restituzione dei compiti che individualmente correggo e restituisco. Attraverso questo mezzo inizio ad inviare l’audio delle lezioni svolte, così anche le assenti possono andare avanti nell’apprendimento, e a farmi inviare anche la loro lettura per poterla correggere.
Esperienza di condivisione contagiosa
Arriva anche il periodo della pandemia e mi sembra bello potermi prestare due volte a settimana per dare anche maggiore senso alle loro giornate. Quello che mi colpisce è cogliere il senso di un’amicizia, di una stima sentita e dimostrata da loro nei miei confronti in molte occasioni. Il vederle seguire le lezioni circondate dai loro bambini più piccoli, magari anche gemelli, desta in me molta ammirazione. Nel tempo ci sono momenti di condivisione in Zoom, come gli auguri prima della nostra festa di Pasqua, o i riconoscimenti sotto forma di attestato che l’organizzatrice ha preparato per le varie insegnanti in momenti di festa, anche in presenza.
Sì, perché chiaramente il numero di coloro che hanno sentito parlare di questa iniziativa è andato aumentando nel tempo. Oltre ad alcuni gruppi già esistenti nel territorio cominciano a formarsene altri. Coinvolgo, ad esempio, tre delle mie ex colleghe pensionate, e nella chat delle “maestre” si crea un bel rapporto di stima e condivisione, anche di idee e materiale, come quando un’insegnante mi chiede di preparare una preghiera per invocare la pace, che possa essere condivisa e accettata da loro. Questa iniziativa si diffonde e anche altre insegnanti si sentono coinvolte nel proporla ai loro gruppi.
Essere una famiglia
Un giorno, una mia corsista esprime la preoccupazione per la siccità che sta colpendo il Marocco: è un’occasione per rivolgere a Dio una preghiera e, successivamente, per affrontare una lezione che riguarda l’uso più consapevole dell’acqua, considerata la grande scarsità a causa della mancanza di piogge. Allo stesso modo condividiamo il dolore per un parente mancato all’improvviso o per una grave malattia che ha colpito una loro figlia.
La volta in cui, dopo aver presentato per brevi cenni l’Italia dal punto di vista geografico e storico, decido di introdurre le caratteristiche geografiche e culturali del Marocco, le mie corsiste restano sorprese. Tutto è nuovo anche per loro. Avvertono da parte mia una grande considerazione per la loro cultura e le loro tradizioni, e la mediatrice mi invia un suo ringraziamento chiedendomi quale sia il segreto che mi rende così diversa da altre insegnanti. Non posso nascondermi: in poche parole spiego che cerco di vivere per la fraternità universale cercando di mettere in pratica l’amore insegnatoci da Gesù. Mi sento capita perché anche lei è una persona seriamente impegnata a conoscere, approfondire e insegnare il Corano.
Crescono così le occasioni per costruire piano piano relazioni che, anche se a distanza, favoriscono un clima più fraterno, di rispetto e di pace. Dimenticavo: nel mio gruppo ci sono 57 signore dai 23 ai quasi 50 anni di età, provenienti da diverse regioni italiane, ma la loro presenza alle lezioni si aggira al massimo su 25 persone. Da qualche tempo cominciano a giustificare la loro assenza senza che mai lo abbia richiesto: credo che anche questo sia un modo di sentirsi in famiglia, e di amore reciproco che ritorna.
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