Inquinamento Pfas, nuove conferme
Nuovo capitolo nella vicenda Pfas: uno studio condotto dall’Università di Padova e pubblicati sul Journal of clinical endocrinology and metabolism aggiunge infatti un altro tassello al complesso puzzle delle conseguenze che queste sostanze avrebbero sulla salute, interferendo con l’attività ormonale.
Lo studio, coordinato da Carlo Foresta, si è concentrato in particolare su come gli Pfas si legano ai recettori per il testostrone, riducendo di oltre il 40 per cento l’attività di questo ormone: ne risultano disturbi al sistema uro-genitale, che potrebbero determinarsi addirittura già in fase fetale in caso di donne esposte a Pfas.
Lo studio prende in considerazione 212 giovani tra i 18 e i 20 anni esposti a queste sostanze, rilevando diverse anomalie – dal volume testicolare, alla distanza uro-genitale – evidenziando dei fattori di rischio per la fertilità: una visione confermata anche dalla dottoressa Elisa Dalla Benedetta che, in un’intervista a Il Fatto Quotidiano, riferisce di aver da anni notato tra i suoi pazienti – tra cui alcuni operai della Miteni – disturbi e anomalie riconducibili appunto ad una ridotta attività del testosterone; a cui si aggiungono altre patologie già collegate in passato agli Pfas – dai problemi alla tiroide, ad alcuni tipi di tumore.
Una notizia che di certo non contribuisce a rasserenare gli animi, proprio pochi giorni dopo l’annuncio della dichiarazione di fallimento della Miteni: uno sviluppo temuto, che ha fatto gridare i cittadini – Mamme NoPfas in primo luogo – all’ “abbandono della nave” da parte dell’azienda, fuggendo ai propri impegni di bonifica del sito. Al momento sarebbero sette le aziende che hanno manifestato interesse a subentrare: ma questo pone ulteriori incertezze e lungaggini a carico di un territorio che già da tempo afferma di non poter più aspettare.