Innocenze profanate
Oggi alcuni giornali europei titolano sulla guerra dichiarata dall’Isis contro l’Europa. In Italia, sul Corriere della Sera Angelo Panebianco fa l’elenco, istruttivo peraltro, dei “meno” di 400 morti del terrorismo del Daesh in terra europea. Mentre su il Foglio Giuliano Ferrara titola: “In assetto di guerra”, prendendosela con chi sostiene che alla radice della violenza dell’Isis non c’è la religione. Sì, nella Terza guerra mondiale a pezzi di bergogliana memoria c’è anche questa guerra del terrorismo. Conflitti che non vanno per il sottile, e se la prendono anche con l’innocenza dei bimbi e dei ragazzi, magari per mano di adolescenti appena un po’ cresciuti.
Manchester ci ha colpiti più di altre stragi terroristiche, perché a perdere la vita sono state soprattutto le piccole fans di una cantante pop. Ma come dimenticare le stragi del Canale di Sicilia, con i morti del 2016 che sono dieci volte più numerosi dell’intera “stagione terroristica”, da Charlie Hebdo in qua? Solo ieri sono decine i bimbi morti nel ribaltamento di una bagnarola che trasportava dalle coste libiche più di 500 migranti in cerca della costa italiana e «della felicità». E come obliare l’immensa strage che continua a perpetrarsi in Siria, dove i bambini e i ragazzi sono le prime vittime di un conflitto che ha fatto tra i 300 mila e i 500 mila morti, un terzo dei quali ha meno di vent’anni? Stamani leggo sull’Osservatore Romano (la miglior pagina di Esteri della stampa in italiano) una corrispondenza dal Myanmar: «I bambini dell’etnia musulmana dei rohingya sono falcidiati dagli stenti. Fino a 150 bambini sotto i 5 anni denuncia l’Unicef muoiono ogni giorno». E potrei continuare.
Scriveva il filosofo mistico e nichilista per eccellenza, Emile Cioran il rumeno: «È impossibile vivere nello stesso tempo nell’innocenza e nella paura». I bimbi di Manchester, di Aleppo, della Birmania, del Canale di Sicilia e tutti i bimbi del mondo dovrebbero conservare la loro innocenza, non vivendo nella paura. Siamo noi adulti, padri e madri veri o spirituali, a dover impedire che i nostri bambini siano violentati dalla paura prima ancora che dalla brutalità della morte. E come possiamo farlo? Simone Weil, altra filosofa degli abissi, ci viene in soccorso: «Nell’istante presente noi siamo innocenti». Ecco, in quest’istante possiamo fare la pace, diventare artigiani di pace per preservare l’innocenza dei nostri bimbi, e la nostra. Lì possiamo conoscere la vera innocenza, perché, come diceva François Varillon, «Dio è innocenza». E aggiungerei: Dio è l’innocenza del momento presente ma anche quella perduta.