Innocenti distrazioni
Piero Calamandrei, giurista, asseriva che i giudici talvolta non ascoltano chi sta parlando e gli occhiali neri che molti di loro indossano dimostrano «che hanno bisogno del buio per dormire». La frase è pungente, la questione seria. Mettersi in ascolto di altri non è facile, soprattutto per chi pratica l’ascolto per mestiere. Distrazione, noia e pensieri, che affiorano come pesci affamati in uno stagno, sono sempre in agguato.
Mi capita durante gli esami in università. Lo studente si accomoda sulla sedia, è nervoso. Formulo la prima domanda d’esame, sorrido e lo guardo con l’occhio di chi si farebbe ammazzare pur di non perdere neanche un monosillabo di quello che si appresta a raccontarmi. Tutto procede a meraviglia per qualche istante. Poi la testa parte: continuo ad ascoltarlo ma intanto mi perdo. Deraglio. Poi con sollievo torno in carreggiata. Con il tempo, infatti, si diventa sempre più abili, riuscendo perfino a pensare due cose contemporaneamente, mentre se ne fa una terza…
Così anche il medico di esperienza, mentre ascolta il paziente, deve combattere la tentazione di compilare la cartella clinica o di passare in rassegna i molti impegni del pomeriggio; anche l’avvocato più sensibile rischia di volere arrivare troppo in fretta alle conclusioni, seguendo il filo delle sue distrazioni; anche il prete più accorto, mentre nel confessionale raccoglie i segreti dei propri fedeli, deve fronteggiare l’affollarsi di idee per la predica domenicale.
E persino lo psicologo, che tutti noi pensiamo viva in una specie di capsula pressurizzata durante il colloquio terapeutico, è in compagnia di pensieri e divagazioni. Come ci ricorda argutamente lo psicologo Massimo Cirri (tra l’altro conosciuto perché voce della trasmissione radiofonica di successo Caterpillar), che, nel suo libro A colloquio. Tutte le mattine al centro di salute mentale (Feltrinelli), ricorda di avere avuto il dubbio, mentre parlava di sé sdraiato sul lettino terapeutico, che il suo analista compilasse la dichiarazione dei redditi!
Non possiamo sottrarci a Scilla e Cariddi. Ogni colloquio interpersonale è un viaggio a ostacoli. Ma è proprio in quel tratto di mare, fatto di insidie e di distrazioni, che può accadere di incontrare l’altro profondamente. Può succedere che le parti più profonde di noi si mettano in gioco. È un’esperienza che tutti conosciamo: i pensieri cessano di frullare, i gesti tacciono e, d’improvviso, ogni parola del nostro interlocutore ci cattura. L’ascolto si fa profondo. La distrazione lascia posto a un’attenzione che mette al lavoro testa, corpo e cuore. In quell’attimo usciamo dalla caverna di noi stessi, per tornare pienamente uomini.