Indonesia, i rischi di un paese accogliente
In Indonesia la terra ha tremato ancora una volta. L’epicentro è stato individuato a nord dell’isola di Sumatra, la più occidentale delle 18 mila isole che costituiscono il grande Paese a cavallo fra Asia e Oceania, fra Oceano Indiano e Pacifico, in cui vivono circa 275 milioni di abitanti. Questa volta il sisma è stato per fortuna contenuto (magnitudo 6.2) e non si ha notizia di vittime.
Un enorme Paese, l’Indonesia, oltre 5 mila chilometri da est ad ovest, quasi 8 milioni di kmq in gran parte ricoperti da foreste. Un proverbio dei karo, uno dei 1.340 popoli che abitano il Paese, afferma che«basta gettare un seme per terra e crescerà subito una pianta, senza dover fare nulla».
Sono arrivato a Brastagi, nel nordest di Sumatra, di notte, e sono rimasto sorpreso di trovare ancora le decorazioni di Natale, in un Paese come l’Indonesia dove vive la più grande comunità islamica del mondo (85% della popolazione).
I cristiani sono comunque quasi il 10%: circa 23,5 milioni di fedeli, di cui 7 milioni cattolici.
Ho amici e conoscenti cristiani che hanno sposato donne musulmane: seguendo il marito (qui la cultura è molto patriarcale) sono diventate cristiane, senza nessun problema sociale o legale. Una cosa del genere nella vicina Malaysia sarebbe impossibile ed illegale, perseguibile a norma di legge, e si rischia il carcere. Certo, è così anche nella vicina provincia di Aceh, nel nord di Sumatra, e soprattutto a Banda Aceh, la capitale (circa 600 Km a nord di Brastagi), dove l’intolleranza la fa da padrona. Un amico indonesiano mi spiega: «In quella provincia una certa interpretazione della religione ha prevalso sulla nostra cultura di tolleranza».
Chiedo ad altri amici ritrovati qui a Brastagi, non lontano da Medan, ma provenienti da varie isole – questo viaggio in Indonesia l’ho fatto soprattutto per rivederli, dopo tanto tempo – cosa pensano dei rapporti interreligiosi in Indonesia.
«Molti fatti di intolleranza che si raccontano sono spesso reali, ma io abito in un compound dove si trovano uno accanto all’altro una moschea ed un ritrovo per i cristiani: nella mia città a Giava (Surakarta), dove è sindaco un figlio del presidente Joko Widodo, i musulmani festeggiano il Natale insieme ai cristiani, e sorvegliano da fuori le chiese per prevenire gli attacchi di qualche fondamentalista».
Certo le tensioni non mancano. Il 6 dicembre 2022, il Parlamento indonesiano ha introdotto un nuovo codice penale: una normativa che prevede comunque tre anni prima di entrare in vigore, ma che trasforma in reato, per esempio, il sesso consensuale o la convivenza al di fuori del matrimonio; che esclude ogni tolleranza verso le persone Lgbtq+; il capitolo sulla blasfemia è stato ampliato da 1 a 6 articoli, e per la prima volta include un articolo che rende l’apostasia – l’abbandono di una religione o di un credo per passare ad un altro – un reato penale. Sono in preparazione ricorsi legali contro alcune delle disposizioni più problematiche di questa legge.
Un altro amico giavanese aggiunge a questo proposito: «L’Indonesia non accetterà mai la tutela delle persone Lgbtq+, è una cosa che va contro la cultura dei nostri popoli. Ma questo non significa che non ci sia democrazia o che le minoranze religiose siano generalmente perseguitate».
Secondo Elaine Pearson, direttrice per l’Asia di Human Rights Watch, «il nuovo codice penale indonesiano fa il gioco dei funzionari governativi che vogliono limitare la libertà di religione, privacy ed espressione. Il presidente Joko Widodo dovrebbe intraprendere un’azione energica affinché il codice penale e centinaia di regolamenti locali discriminatori nell’Indonesia a maggioranza musulmana non violino i diritti delle comunità religiose minoritarie del Paese».
L’indonesia è impegnata anche a contrastare il colonialismo industriale, la povertà, l’inflazione e lo sfruttamento irresponsabile delle sue risorse e bellezze naturali da parte delle multinazionali. Ma «l’istituzione familiare è solida», aggiunge uno dei miei amici: le famiglie unite, con tanti figli e coniugi che rimangono fedeli per tutta la vita, sono la norma e non l’eccezione.
I fondamentalisti islamici stanno certamente lavorando e cercando in tutti i modi di creare situazioni per guadagnare consensi: ma questo fa ancora parte del gioco politico e le prossime elezioni saranno molto importanti. Non sono poche le persone, anche di fede islamica, che si impegnano affinchè la democrazia trionfi ancora e non prevalgano i fondamentalisti
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