India, 75 anni di una Repubblica oggi minacciata
La Repubblica indiana era emersa dalle catene del dominio coloniale tre anni prima, nel 1947, e si era aperta a quella che Nehru, annunciando la libertà, aveva definito come il suo appuntamento col destino della storia. Nei tre anni successivi, una Costituente formata da un mosaico di protagonisti disegnò la Costituzione, che ha pochi uguali o simili al mondo.
È infatti una Carta Costituzionale che, sotto la sapiente guida di persone preparate come Ambedkar, avvocato fuori casta protagonista indiscusso del disegno costituzionale, ha saputo coniugare equilibrio fra i diversi poteri, laicità senza scadere nel laicismo e, anzi, a difesa del rispetto di ogni cultura e religione, e attenzione alle persone come pure alle comunità. Insomma una vera Costituzione degna dell’incipit con il quale si apre: “Noi gente dell’India…”.
Si tratta di una Carta entrata in vigore proprio il 26 gennaio 1950, un giorno memorabile non solo perché aprì la strada alla repubblica dopo quasi due secoli di colonizzazione economica e civile-militare, ma soprattutto perché cercò di avviare milioni di indiani, la maggior parte dei quali analfabeti e immersi nella povertà più deplorevole, sulla via dell’inclusione e dei diritti aperti a tutti. La Costituzione diede di fatto un nuovo volto al Paese, rendendolo una repubblica sovrana, socialista, laica e democratica, anche se le parole “socialista e laica” furono aggiunte successivamente con il 42° emendamento del 1976. La laicità, soprattutto, aveva un valore fondante. Non si tratta, infatti, né dell’accezione francese né di quella americana. L’India ha scelto di essere “laica” nel senso di assicurare uguale dignità e libertà a ciascuna comunità sia culturale che religiosa, dopo che due secoli di colonialismo, vissuto senza scrupoli all’insegna del divide et impera, erano culminati nella sanguinosa separazione fra Pakistan e India su base religiosa: l’India agli indù e il Pakistan ai musulmani.
A settantacinque anni di distanza, il gigante asiatico, il Paese più popoloso al mondo, piange proprio lo smarrimento di questa grande intuizione dei suoi padri fondatori. Il cancro dell’ideologia dell’hindutva ha infatti rosicchiato progressivamente e dall’interno questi valori, in particolare quello della laicità, agitando la bandiera di una nuova nazione che vuole essere il Paese dei soli hindu, scartando gli altri, in particolare i musulmani.
Da epiteto e icona di inclusione e convivenza fra diversi, l’India si è lentamente e progressivamente trasformata in un Paese esclusivista e populista, capace di assicurare un futuro a meccanismi che fanno della polarizzazione politica, sociale e religiosa gli ingranaggi di un Paese diverso da come lo avevano immaginato i Gandhi, i Nehru e gli Ambedkar.
Come afferma un interessante editoriale di una prestigiosa rivista settimanale indiana, nelle pieghe più profonde della Repubblica indiana si è annidata per decenni una ideologia perversa, non tanto perché ispirata dalla tradizione più antica del sanathana dharma, conosciuto in occidente come induismo, ma perché divenuto principio che pretende l’esclusiva sociale, culturale e religiosa di coloro che vivono nella grande penisola che va dall’Himalaya a al cuore dell’Oceano indiano. Da un secolo, la Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), milizia paramilitare di estrema destra, con le sue falangi, spesso veri apparati paramilitari rimasti inerti durante la lotta per l’indipendenza, cova la visione di uno “Stato-nazione indù”, impossibile da realizzare con una Costituzione come quella del 1950. La consideravano, infatti, nient’altro che un lavoro di “copia e incolla” tratto dalle costituzioni di diversi Paesi occidentali. L’hanno trovata carente perché non ha seguito il Manusmriti (il Codice di Manu) o altri testi simili dell’India antica. Quelli sono i testi che legittimano la discriminazione castale, la superiorità brahminica e la validità esclusiva dei testi sacri dei Veda e delle Upanishad, nella loro lettura più ristretta e chiusa a ogni inclusione sociale e religiosa.
Oggi l’India corre il rischio di vedere la sua Costituzione riscritta nuovamente alla luce di questi principi, in linea con un populismo e una tendenza destrorsa e nazionalista che ha invaso l’Asia, ma anche l’Europa e gli Usa, come dimostra il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la modalità messianica con cui impone nuove regole che vanno contro la Costituzione dei padri fondatori. Probabilmente se Narendra Modi avesse ripetuto nel 2024 il successo elettorale riportato nella penultima tornata elettorale, la modifica della Costituzione sarebbe già all’ordine del giorno.
Ma i partiti al governo non possono più vantare una maggioranza assoluta e tutto diventa più difficile, anche se non impossibile. Oggi molti – soprattutto uomini e donne di cultura, intellettuali e accademici – sanno che è essenziale riflettere sul percorso del Paese come nazione repubblicana. I redattori della Costituzione, guidati dal dottor Bhim Rao Ambedkar, immaginavano una nazione che avrebbe sostenuto la giustizia, la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Ma la verità è che oggi più che mai i diritti costituzionali e fondamentali sono in pericolo.
Il partito che è salito al potere nel 2014 è riuscito a mettere l’India in una situazione di grande confusione. Il diritto fondamentale alla libertà di parola e di espressione, l’uguaglianza di fronte alla legge e la libertà di professare, praticare e diffondere la religione sono minacciati dal governo. La denuncia di pacifici manifestanti e la loro incarcerazione, come sta accadendo in molti Stati, è una violazione delle libertà civili. Si tratta di segnali inquietanti di un’involuzione della democrazia. Uno degli esempi più lampanti di questa tendenza è stata l’erosione della libertà di parola e di espressione.
La volontà del governo di usare leggi come la sedizione e la diffamazione per mettere a tacere le voci dissenzienti ha creato un effetto raggelante sulla libertà di parola. La repressione di studenti, attivisti e giornalisti che osano mettere in discussione le politiche del governo è particolarmente allarmante. L’ascesa della politica dell’hindutva ha contribuito in modo significativo all’erosione della libertà di religione. Il Bharatiya Janata Party, il partito al governo, sta promuovendo un’agenda maggioritaria che cerca di imporre il dominio indù sulle altre religioni. Questo ha portato a un’impennata dei crimini d’odio, violenze di gruppo e intimidazioni contro le comunità minoritarie. Queste le sfide che la più grande democrazia del mondo si trova ad affrontare dopo settantacinque anni di democrazia.
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