India, uomini e donne contro gli stupri

Le violenze sessuali, nel Paese indiano, sono purtroppo all'ordine del giorno. Dopo la morte di una studentessa, però, la società civile ha detto basta e sta manifestando invocando leggi più dure per gli stupratori
India

Da una quarantina di giorni rimbalzano dall’India riprese e notizie sulla rivolta contro gli stupri e violenze sulle donne. Si tratta di manifestazioni che, soprattutto, nella capitale New Delhi hanno causato incidenti fra polizia e manifestanti con la morte di un agente.

Dopo che, la sera del 16 dicembre scorso, una ragazza di Delhi era stata violentata, si è scatenata una reazione che non si era mai vista nel Paese asiatico, dove la violenza sulle donne è all’ordine del giorno nei villaggi come nelle metropoli. 

 

Nel corso delle ultime settimane sono stati resi pubblici dati statistici impressionanti. Basti pensare che nel 2012 il solo distretto di Kandhamal (Orissa), teatro negli anni scorsi di violenze sociali che hanno mietuto vittime fra i cristiani, ha registrato 33 casi di violenza sessuale, 19 dei quali contro adolescenti. Un fenomeno cresciuto negli ultimi tempi: nel 2009 le vittime erano 24; nel 2010 erano 27. Spesso le violenze sono contro donne, ragazze e giovanissime, fuori casta – dalit. Recentemente si sono registrati tre casi che hanno colpito due giovani di 14 e 13 anni ed addirittura una bambina di 5 anni. Spesso, come nel caso della capitale, le violenze finiscono con la morte delle vittime. Proprio a New Delhi, nell’ultimo anno, sono stati denunciati – e sono una piccola minoranza dei casi realmente accaduti – quasi 600 episodi di stupro. Non di rado gli accusati sono poliziotti che hanno usato violenza su donne sotto custodia.

 

Ciò che ha sorpreso, a partire da quanto accaduto in dicembre, è stata la rivolta popolare che ha portato sulle strade decine di migliaia di persone, donne soprattutto, ma anche uomini che hanno manifestato come mai in passato per casi di questo tipo. Lo stesso processo, in corso di svolgimento, nella capitale contro gli accusati dello stupro del dicembre scorso, si tiene a porte chiuse per evitare incidenti e pressioni sui giudici chiamati a pronunciarsi sui capi di accusa. 

 

Senza dubbio, si tratta di una svolta e di una presa di coscienza della necessità di un cambiamento di mentalità. Molte le voci che si sono levate nel corso di queste settimane: alcuni hanno rievocato i valori della tradizione indiana, espressi nel Dharmashastra, uno dei libri più cari all’immaginario indù, spesso citato anche dal Mahatma Gandhi; altri hanno semplicemente chiesto soluzioni estreme per i colpevoli, come la pena di morte o, in alternativa, la castrazione chimica.  Anche il Dalai Lama, che vive nella cittadina himalayana di Dharamshala, ha espresso profondo dolore per quanto accaduto a New Delhi, e «grande preoccupazione per la degenerazione dei valori morali della società. L'India – ha aggiunto – è un grande Paese con un'antica storia e un patrimonio civile come quello della nonviolenza [ahimsa], che non deve andare perduto». 

 

Autorevoli e, in un certo senso, contro corrente le dichiarazioni da parte dei cristiani. John Dayal, segretario generale dell'All India Christian Council, un organo ecumenico con una marcato impegno sociale, ha affermato: «per troppo tempo abbiamo ammesso una cultura che prende di mira le nostre donne e giustifica varie forme di violenza contro di esse». Il dr. Pascoal Carvalho, medico di Mumbai, membro della Pontificia accademia per la vita, ha sottolineato che quanto accaduto alla ragazza stuprata a New Delhi ferisce non solo per la terribile violenza, ma perché rappresenta «un attacco alla vita stessa». Il medico cattolico, ha offerto, inoltre, una chiave di lettura motivante, notando che le stesse reazioni della società civile al fatto, spesso caratterizzate da violenza, stanno a dimostrare una «mentalità distorta» che non garantisce «vera dignità, autonomia e diritti per bambine, ragazze e donne».

 

La violenza come risposta ad atti di violenza esprime, infatti, da un lato, l’esasperazione per continui fatti di crudeltà cui sono oggetto donne e ragazze, ma tradisce, al contempo, l’immagine di una società che pare incapace di nascondere tensioni latenti. 

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