India, sconfitto a Bangalore il partito di Modi

In un fine settimana che ha visto vari Paesi – Thailandia e Turchia – andare alle urne per decisioni importanti sul loro futuro, con ripercussioni per la politica continentale e internazionale, è bene ricordare anche la tornata elettorale svoltasi in uno degli stati più importanti dell’India, il Karnataka, la cui capitale è Bangalore.
India. Sostenitori del partito del congresso (AP Photo/Deepanshu Aggarwal)

Il Karnataka è uno stato del centro-sud dell’India e conta una popolazione di 65 milioni di abitanti, ma soprattutto ha come capitale Bengaluru (nota come Bangalore), il centro mondiale del software e dell’outsourcing. Le votazioni, alla fine della scorsa settimana, hanno segnato la sconfitta del Bharatya Janata Party (Bjp) del Primo Ministro Modi. Probabilmente si tratta della prima vera sconfitta che l’agenda-Modi ha subito da quando si trova al potere (ormai da quasi dieci anni). Non era mai successo che l’avanzata del Bjp fosse segnata da una sconfitta in uno stato precedentemente conquistato. In effetti, sia a livello nazionale che locale, sotto la presidenza dell’attuale Primo Ministro, il partito non conosceva l’onta di perdere la maggioranza dopo averla ottenuta in precedenza.

Tuttavia, da sempre, la politica dell’Hindutva, che sta rendendo il Paese una immensa inducrazia, non è mai penetrata nel sud dell’India. Stati come il Tamil Nadu e il Kerala, nonostante gli sforzi e gli immensi investimenti pecuniari del Bjp nella politica di penetrazione, sono rimasti sempre refrattari a Modi e alla sua retorica. Anche il Karnataka si trovava in una situazione simile, fino a quando, a metà della scorsa legislatura, il Bjp locale è riuscito, nel corso di una crisi politica dei partiti allora al potere, con un colpo di mano tanto abile quanto dubbio, a presentarsi nel parlamento locale con una maggioranza risicata ma con la quale è stato possibile formare un governo, che ha governato fino alla scadenza della legislatura.

Da tempo il partito aveva intrapreso nello stato un’agenda chiaramente anti-musulmana e anti-cristiana. Il Karnataka, infatti, pur avendo una popolazione di netta maggioranza indù (84%), conta una notevole presenza musulmana (12%) e una popolazione cristiana che, sebbene piccola (1,28%), è di antica tradizione e vanta scuole, università ed ospedali di primissimo livello. Ma, in questi anni di governo, il Bjp è passato alla storia per il suo alto tasso di corruzione. Alcuni dei suoi ministri sono stati soprannominati “mister 40%”, a significare la percentuale richiesta dall’amministrazione per l’assegnazione di un contratto governativo.

Ma alla corruzione si sono aggiunte, come accennato, pericolose politiche discriminatorie sia a livello religioso che sociale. Si è ingaggiata una lotta anti-hijab, soprattutto nelle scuole e nelle università, dove molte bambine e ragazze musulmane vestono il velo e che, secondo alcune normative introdotte dal governo Bjp, non avrebbero più potuto indossare pena l’estromissione dalla frequenza delle lezioni.

Inoltre, sono arrivati divieti per gli altoparlanti nelle moschee (mentre i templi hindù possono continuare a farne uso liberamente) e contro la macellazione di animali secondo le norme halal. Queste iniziative chiaramente mirate contro la comunità musulmana, sono state percepite come atti discriminatori contro i gruppi di minoranza, come del resto lo sono state alcune manifestazioni di intemperanza contro luoghi di culto e centri tenuti da cristiani. Inoltre, i cristiani sono spesso stati accusati di convertire indù in modo subdolo, e si è tentato di introdurre una legge contro la conversione.

Dopo alcuni anni costellati di anomalie di questo tipo (per lo spirito tollerante che caratterizza l’India), le elezioni svoltesi nei giorni scorsi hanno sancito una chiara sconfitta del Bjp. Il Partito del Congresso (Inc) ha, infatti, ottenuto 136 dei 224 seggi del parlamento dello stato del Karnataka, lasciando al Bjp solo 40 deputati. Un vero trionfo che l’Inc non assaporava da anni, di fronte alla marcia inarrestabile degli arancioni (questo il colore simbolo del fondamentalismo indù).

Si tratta di un successo legato probabilmente anche alla recente espulsione di Rahul Gandhi dal Parlamento indiano, avvenuta il mese scorso per aver offeso l’attuale Primo Ministro con parole e riferimenti irriguardosi. Sebbene il giovane Gandhi-Nehru (Rahul è nipote di Indira Gandhi e figlio dell’ex Primo Ministro Rajiv Gandhi e di Sonia Maino Gandhi, per anni Segretaria Generale dell’Inc) non abbia in questi anni dimostrato un particolare carisma politico e capacità di appeal nei confronti delle masse, l’operazione giudiziaria e di espulsione dal Parlamento ha, senz’altro, creato un’aura di simpatia nei suoi confronti. Rahul, fra l’altro, nei mesi scorsi aveva organizzato con grande successo una yatra, una sorta di pellegrinaggio politico che ha attraversato l’intero Paese da Sud a Nord, suscitando particolare entusiasmo soprattutto nello stato del Kerala e in quello del Tamil Nadu.

Ovviamente è ancora presto per dire se la sconfitta in Karnataka possa essere letta come una incrinatura dell’onda color zafferano (arancione). L’opposizione, in particolare l’Inc, non sembra avere ancora assemblato una realtà ed una agenda politica alternativa tali da mettere in crisi il partito che da quasi dieci anni governa senza opposizione la più grande democrazia del mondo. È indubbio, tuttavia, che il segnale che arriva dallo stato di Bangalore è molto chiaro. Solo le elezioni in altri stati chiave, che si svolgeranno nei prossimi mesi, ci diranno se l’era Modi si avvia alla conclusione o se questa recente elezione rappresenta solo un incidente di percorso.

ostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Carlo Maria Viganò scismatico?

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons