Incurante, non indifferente

Incurante

Fondatore del dadaismo americano e interprete del surrealismo, Man Ray è un artista eclettico: pittore, disegnatore, scultore, scrittore, regista, fotografo, instancabile inventore e sperimentatore. Mescola linguaggi e tecniche, è sempre alla ricerca di nuove proposte che diano libero sfogo e concretezza alla sua ironica, dissacratoria creatività. Anche lo stesso nome è un’invenzione: costretto a cambiare le proprie generalità per difendersi dall’antisemitismo, l’artista trasforma la necessità in un gioco, fornendo nome e cognome in molte versioni, tanto che tutt’oggi non è sicuro quale sia quella vera. Ormai nell’arte e nella vita tutti lo conoscono come Man (uomo) Ray (raggio). L’eccezionale mostra di Nuoro racconta le origini e gli sviluppi della sua arte attraverso disegni, fotografie, dipinti, sculture, oggetti personali e documenti. I pezzi sono selezionati dalla fondazione Man Ray Trust, creata dopo la morte dell’artista, nel 1976, dalla moglie Juliet. Questi materiali eterogenei offrono la possibilità di porre l’opera dell’artista in relazione agli elementi e alle immagini da cui egli trasse ispirazione: la sua bombetta e il suo bastone, gli oggetti provenienti dagli scaffali dello studio parigino, la personale raccolta di foto, gli strumenti usati per creare i suoi famosi rayogramme… In tutto ciò che lo circonda l’artista è atto ad accogliere l’intervento creativo. Spesso e volentieri troviamo due oggetti combinati insieme per generarne un terzo, nuovo e sconosciuto; a partire dalla materia prima di tutti i giorni, Man Ray distrugge e reinventa. Si crea così un vasto repertorio di nuovi oggetti e di nuovi significati che con ironia si nascondono e si svelano nel doppio senso celato dal titolo dell’opera. Alcuni dipinti attestano le indiscutibili capacità pittoriche dell’artista; ma, nonostante tutto, l’ibrido e il cortocircuito di forme e significati restano fra i suoi linguaggi preferiti. Un’opera d’arte, dice lo stesso artista, è destinata a divertire, disorientare, annoiare, o ispirare la riflessione, non a suscitare ammirazione per l’eccellenza tecnica che si ricerca di solito nelle opere d’arte. Le opere, le parole e gli scritti presenti in mostra sono testimoni di quel passaggio epocale che, già alla prima metà del Novecento, segna l’ingresso in campo artistico di nuovi materiali e nuovi temi. Una rivoluzione che vede Man Ray allearsi agli altri illustri avventurieri della sua epoca. Nell’esposizione è presente un docu- mento inedito sul Grande Vetro che testimonia l’amicizia con Marcel Duchamp; una composizione di frottage eseguita a quattro mani insieme a Max Ernst; altri pezzi riportano ai rapporti con Picasso, Mirò, Léger… Certo è che, insieme ai rapporti personali e ad una storia che rimbalza fra New York, Parigi e Los Angeles, ogni pezzo esposto in mostra ci interroga e ci spinge a riflettere. Impossibile passare superficialmente su Man Ray col solito mi piacenon mi piace. Ogni suo lavoro rompe di proposito tutto ciò che può risultare solito o consueto. Ci si trova invece spiazzati e stuzzicati dalla continua sorpresa generata dall’improbabile incontro fra cose e realtà abitualmente inconciliabili. Questa sorta di cortocircuito creativo coinvolge tutto: gli oggetti, le parole, le luci e le ombre delle bellissime fotografie o dei rayogramme. L’altalena di questi incontri- scontri rompe il tranquillo flusso dell’abitudine costringendo ad un arresto, ad una pausa. Giocosamente siamo invitati a cercare nuove prospettive e nuove soluzioni, ma solo al fine di dare nuovamente senso e significato al mondo e ai suoi accidenti. Tutto allora risulta degno di attenzione perché ogni cosa, debitamente messa in luce dall’artista, può svelare un segreto o portare un messaggio. Incurante ma non indifferente recita, appunto, il titolo della mostra. Sulla lapide di Man Ray le stesse parole ne sintetizzano tutta la poetica. Incontrando la sua opera, ci si ritrova ad essere un po’ come lui: spensierati e attenti a riscoprire ciò che sembrava aver smesso di stupirci.

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