Incontri in autogrill
Nel tavolo a pochi passi dal mio è seduta una giovane donna: elegante, trucco accurato, pettinatura perfetta. Mangia un’insalatona, attenta a non sporcarsi ma con lo sguardo al cellulare. Finito il pranzo, impila tutto con ordine, va alla cassa, prende ancora un caffè e poi via, di corsa.
Anch’io sto attenta a non sporcarmi mentre mangio il mio panino vegetariano. Il cellulare, però, lo lascio in borsa. Mastico lentamente (aiuta la digestione, dicono) e continuo a guardarmi intorno.
Il cameriere del bar è un bel giovane bruno, occhi intelligenti, sorriso disarmante. Parla al suo collega più anziano con garbo, con simpatia, con accento inconfondibilmente partenopeo. Portando il mio vassoio lo saluto. Parliamo della magia di Napoli, si illumina tutto.
La signora alla cassa invece mi ricorda una mia amica, in particolare quando ha mal di testa o è preoccupata per la sua famiglia, che sembra si stia sfaldando. Ha il volto teso. Tento un sorriso mentre le auguro una bella giornata, stranamente risponde, un po’ sorpresa.
Tanti i clienti che entrano, girano, guardano, comprano, escono. Tra loro una famiglia giovane: lei un po’ grassottella, capelli lunghi castani, lui alto, magro, capelli a spazzola tendenti al rosso. E i loro due bimbi, un maschietto e una femminuccia, carnagione color cioccolato fondente al 70%, grandi occhi, capelli ricci nerissimi, sorriso da réclame di uno sbiancante. Hanno un grande uovo di Pasqua per ciascuno e un’aria felice tutti e quattro.
Mentre esco li saluto, mi fermo un po’ con loro, parliamo come se ci conoscessimo da tanto. «Sapete perché a Pasqua si regalano le uova?». Non lo sanno e sono tutti incuriositi. Dico qualcosa della vita, del senso della festa ormai vicina. Che ascolto! Di tutti e quattro! Ci salutiamo come vecchi amici.
Gente di cui non so e non saprò niente, incrociata così, in un autogrill. Eppure mi sento solidale con loro, piccolo tassello di umanità che può comporre un disegno solo in relazione con tutti gli altri.
Mancano pochi giorni alla Pasqua. Quante volte nella Scrittura Dio si rivolge al suo “popolo” con amore immenso, a volte accorato. In questa attesa devo fargli spazio dentro, certo, ma, per accoglierlo davvero, devo essere insieme a tutti coloro che mi sono compagni – conosciuti o occasionali, fedeli o no – in questo viaggio della vita.