Incontrare Chiara Lubich

A 12 anni dalla morte della fondatrice dei Focolari, nel centenario della sua nascita, sono tante le celebrazioni rinviate a causa del Coronavirus. Il messaggio della Lubich, però, non conosce soste.
L'intervento di Sergio Mattarella durante la cerimonia a Trento il 25 gennaio 2020. Sullo sfondo una foto giovanile di Chiara Lubich

Non possiamo nasconderlo: quel popolo nato dal Vangelo – come Chiara Lubich amava definire quanti appartenevano nelle più diverse modalità al Movimento dei Focolari da lei fondato –, nel dodicesimo anniversario della sua partenza per il Cielo, avrebbe voluto ritrovarsi in ogni angolo della Terra. Come di consueto, in questa data, e a maggior ragione nell’anno in cui si ricorda il centenario della sua nascita, avvenuta il 22 gennaio 1920. E, per un Movimento che ha una diffusione mondiale, sicuramente da tante parti questo sarà possibile, ce lo auguriamo e ne siamo felici. Non nella nostra Italia, che attraversa la fase più critica (speriamo) di questa pandemia che piano piano varca i confini senza chiedere permesso a nessuno, senza fare differenze, senza avvisare. Non in altri Paesi, dove le misure per contenere il Coronavirus stanno via via facendosi più drastiche.

“Celebrare per incontrare”, è il motto che è stato scelto per le celebrazioni del Centenario, che anche nel nostro Paese ha visto lo svolgersi di eventi importanti. Ne abbiamo parlato ripetutamente sul nostro sito e sul nostro mensile . «Non vogliamo fare un ricordo nostalgico di Chiara, ma incontrare Chiara, incontrarla viva nello spirito che ci ha partecipato, viva nel Movimento che ha fondato, viva negli innumerevoli seguaci sparsi in tutti i punti della terra – aveva detto all’inizio dell’anno l’attuale presidente dei Focolari, Maria Voce –. Per questo, invito tutti voi che un giorno avete incontrato Chiara e il suo carisma – che siate attualmente in contatto o meno con il nostro Movimento – a vivere quella che è forse la nostra principale caratteristica: essere persone capaci di creare relazioni, di accogliere l’altro senza pregiudizi, senza idee preconcette, senza schemi, di fare da ponte con gli altri».

Non finiremo di scoprire Chiara Lubich, questa figura poliedrica che tanto ha dato alla Chiesa e al mondo intero. In quest’occasione tanti sono i ricordi che ciascuno di noi potrebbe condividere, numerosi gli spunti per la vita personale, ecclesiale, sociale. Il momento che stiamo vivendo richiama alla mente una delle sue consegne, comunicata ai focolarini italiani nel ’72: «Avverto nell’anima un pensiero che ritorna: “Lascia a chi ti segue solo il Vangelo”», un invito a riscoprire la vita della Parola come una fonte che ci porta a Dio, tanto più in questo periodo di “digiuno eucaristico” e di bisogno di spiritualità.

E torna al cuore quello che lei stessa ha definito «il mio testamento». In una conversazione del 25 dicembre ’73 – che si può sentire direttamente da lei a questo link –, la Lubich ebbe a dire infatti: «Se oggi dovessi lasciare questa Terra e mi si chiedesse una parola, come ultima che dice il nostro Ideale, vi direi – sicura d’esser capita nel senso più esatto –: Siate una famiglia. Vi sono fra voi coloro che soffrono per prove spirituali o morali? Comprendeteli come e più di una madre, illuminateli con la parola o con l’esempio. Non lasciate mancar loro, anzi accrescete attorno ad essi, il calore della famiglia. Vi sono tra voi coloro che soffrono fisicamente? Siano i fratelli prediletti. Patite con loro. Cercate di comprendere fino in fondo i loro dolori. Fateli partecipi dei frutti della vostra vita apostolica affinché sappiano che essi più che altri vi hanno contribuito. Vi sono coloro che muoiono? Immaginate di essere voi al loro posto e fate quanto desiderereste fosse fatto a voi fino all’ultimo istante. C’è qualcuno che gode per una conquista o per un qualsiasi motivo? Godete con lui, perché la sua consolazione non sia contristata e l’animo non si chiuda, ma la gioia sia di tutti. C’è qualcuno che parte? Lasciatelo andare non senza avergli riempito il cuore di una sola eredità: il senso della famiglia, perché lo porti dov’è destinato. Non anteponete mai qualsiasi attività di qualsiasi genere, né spirituale, né apostolica, allo spirito di famiglia con quei fratelli con i quali vivete. E dove andate per portare l’ideale di Cristo… niente farete di meglio che cercare di creare con discrezione, con prudenza, ma decisione, lo spirito di famiglia. Esso è uno spirito umile, vuole il bene degli altri, non si gonfia… è, insomma, la carità vera, completa. Insomma, se io dovessi partire da voi, in pratica lascerei che Gesù in me vi ripetesse: Amatevi a vicenda… affinché tutti siano uno».

Una consegna e un testamento che possono illuminare questi nostri giorni così travagliati, ma altrettanto stimolanti. Lo testimoniano i tanti racconti che arrivano in redazione dai luoghi più difficili del nostro Paese, dove il dolore, la morte, l’isolamento irrompono con violenza nella vita quotidiana, ma non spengono la speranza, la capacità di amare con un amore che ha radici profonde.

Riportiamo in chiusura il messaggio di Maria Voce, presidente dei Focolari, registrato per l’occasione.

 

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