Incertezza davanti alle urne

Non si è ancora fatta chiarezza sugli scontri del Cairo. E nella gente, a tre settimane dalle presidenziali, prevale la sfiducia
egitto

Non c’è ancora chiarezza su quanto accaduto all’alba del 2 maggio in piazza Abasseya al Cairo, dove un gruppo di salafiti manifestava da venerdì sera davanti al ministero della Difesa: le cifre ufficiali parlano di una decina di manifestanti uccisi, ma fonti mediche ne stimano almeno due o tre volte tanti. Ufficialmente gli aggressori sono “sconosciuti”, ma a detta delle nostre fonti dal Cairo è praticamente certo che si trattasse di “baltageyà”: criminali comuni, spesso assoldati come veri e propri “mercenari” da altri gruppi per difendere in modo illegale i propri interessi. Ma pagati da chi?
 
«Tutto è iniziato – spiegano dal Cairo – quando Hazam Abu Ismail, candidato dei salafiti, è stato escluso dalla corsa elettorale per le presidenziali: i suoi sostenitori sono così scesi in piazza, per chiedere che venisse riammesso». Smentite le voci secondo cui si sarebbero uniti anche alcuni dei ragazzi di piazza Tahrir: «Quello è un gruppo più moderato, lontano dalla linea salafita». Fatto sta che le proteste sono state motivate anche dal timore diffuso che la giunta militare intenda rimanere aggrappata al potere, rimandando le elezioni presidenziali previste per il 23 e 24 maggio. Mohamed Morsi, candidato dei Fratelli Musulmani, è addirittura arrivato a definire il consiglio dei militari «responsabile di queste violenze», che sarebbero un tentativo di ostacolare il passaggio di poteri al nuovo presidente. Le date della consultazione, per ora, rimangono comunque confermate.
 
Di fronte alle urne, tuttavia, il sentimento prevalente sembra essere la sfiducia: «La gente è confusa – continuano dal Cairo –, non si fida né dei militari né degli altri candidati». Questa sorta di “antipolitica” pare però non sfociare nell’astensionismo di massa: «C’è chi dice che non voterà – ammette il nostro corrispondente –, ma in generale la volontà è di andare comunque alle urne. Soprattutto da parte dei giovani: sono quelli che hanno più speranza». E se il nuovo eletto dovesse deluderli, «scenderanno di nuovo in piazza: non vogliono tornare indietro, al vecchio sistema».  
 
L’allerta nel Paese rimane alta, per il timore che nei prossimi giorni ci possano essere altri scontri. Fortunatamente – se così si può dire –, trattandosi «perlopiù di episodi localizzati, la vita va avanti: certo c’è angoscia davanti a un numero così alto di vittime, ma se le prime manifestazioni avevano provocato un vero e proprio shock nella gente, ora è diverso». A rimanere uguale e ad intimorire la popolazione è piuttosto la scarsa sicurezza. L’ex direttore dell’Aiea, Mohammed El Baradei, ha denunciato il fatto che la giunta militare non è in grado di proteggere la popolazione. Manifestazioni di solidarietà alle vittime sono arrivate anche da due dei candidati, che hanno sospeso la loro campagna elettorale per 48 ore, e da un gruppo di cittadini che ha organizzato una marcia nella serata di ieri.

 

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons