Incendi del passato

Struggente, potente, Incendi di Wajdi Mouawad, nonostante le atrocità, la guerra e le spietate torture che narra, reca un messaggio di amore.
Scena dell'opera

«L’infanzia è un coltello piantato in gola che non si tira via facilmente». Lo lascia scritto nel suo testamento Nawal, segnata da un passato incancellabile trasformato in un silenzio di dolore e rimorsi che l’accompagna alla morte. Il passato e le sue tracce di orrore tornano fuori poderosi nelle vite dei suoi figli gemelli, quando vengono incaricati di cercare un padre che pensavano morto e un fratello di cui ignoravano l’esistenza. Inizia così l’odissea negli anni della giovinezza della madre e in una terra del Medio Oriente degli odi religiosi.
Struggente, potente, Incendi di Wajdi Mouawad, nonostante le atrocità, la guerra e le spietate torture che narra, reca un messaggio di amore, nonostante tutto. Del testo avevamo visto altre messinscene, poco convincenti. Questa di Renzo Martinelli ha una forza sorprendente, che evoca, con toni contemporanei, la grande tragedia classica. Con flash back e salti temporali, con un linguaggio scenico destrutturato, il regista punta sulla intensa recitazione di cinque bravissimi giovani attori (fra cui Federica Fracassi e Valentina Picello), ai quali basta un cambio di velo per assumere ruoli di contorno, spostandosi dal centro della scena su banchi laterali. Sullo sfondo una tenda svelerà delle impalcature con residui simbolici di un paesaggio devastato, dove si aggira un uomo col naso rosso da clown, elemento che rivelerà un carnefice-padre-fratello immobilizzato in una sorta di eterna adolescenza.
 
Al Teatro India di Roma.

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