In viaggio straordinario con Jules Verne

A Nantes, in visita al Museo dedicato al celebre scrittore nato in questa storica città della Bretagna
Nantes

Situata sulla confluenza fra la Loira e l’Erdre, Nantes è la principale città della Bretagna, ricca di storia e di monumenti come la cattedrale gotica di Saint-Pierre-et-Saint-Paul, il castello dei duchi di Bretagna risalente al XV secolo, l’antico quartiere di Bouffay con le sue case di legno, gli edifici del XVIII e XIX secolo, il lungofiume detto Quai de la Fosse, o ancora le abitazioni degli armatori sull’isola di Feydeau. Un’altra attrattiva è costituita dagli splendidi giardini dell’isola di Versailles, mentre gli appassionati di storia e di arte non resteranno delusi visitando i suoi musei. Tra questi, in rue de l’Hermitage, la casa-museo dedicata a una gloria cittadina: Jules Verne.  Inaugurata nel 1978 per commemorare il 150° anniversario della nascita del celebre scrittore, custodisce manoscritti e edizioni delle sue opere, modellini del Nautilus e altri cimeli che si riferiscono alla sua ispirazione e alla sua opera.

Con Verne (1828-1905) facciamo un tuffo in pieno 1800. È il secolo delle invenzioni e delle scoperte, della rivoluzione industriale prodotta dall'affermarsi della macchina e del motore. Lo straordinario impulso degli studi scientifici, l'aprirsi di sempre nuovi orizzonti nei campi d'indagine provoca una fede illimitata nell'intelligenza dell'uomo e nelle sue capacità di asservire le forze della natura per assicurare all'umanità un sempre maggiore benessere.

Si diffonde il mito del progresso. A Parigi, una delle capitali di questo mito, non passa giorno senza che i giornali diano resoconti di nuove scoperte o riportino le diatribe tra i cultori dei palloni a gas e del "più pesante dell'aria”, quando non commentano la tragica fine di qualche originale che ha tentato il volo con un marchingegno alato.

Verso la metà del secolo, il giovane Verne, studente universitario a corto di franchi, cerca di arrotondare le entrate paterne scrivendo versi e drammi per il teatro. E intanto respira avidamente l'elettrizzante aria parigina. Ormai arcistufo dei suoi studi di giurisprudenza (li porterà a termine solo per ossequio alla volontà del padre), Jules ha già deciso: non tornerà nella sua Nantes, un'altra carriera l'attira; sente di essere fatto per scrivere. E quale ambiente più adatto di Parigi per un aspirante scrittore?

Nonostante il discreto successo già ottenuto in questo campo e gli incoraggiamenti di Dumas "padre", Verne è ancora insoddisfatto, vuole qualcosa di più “serio”, che non lo faccia «indugiare su vie già aperte, mentre la scienza fa prodigi e si slancia verso l'ignoto».

Forse, egli sente risvegliarsi in sé l'irrequieto ragazzino undicenne che, molti anni prima, aveva tentato di imbarcarsi su un piroscafo in partenza per l'India e che, riacciuffato in tempo dal severo genitore mentre ancora la nave percorreva l'estuario della Loira, aveva promesso solennemente di far viaggi «soltanto in sogno».

Sarà questo sogno infantile di avventura deluso a piegare la genialità narrativa di Verne alle esigenze dei giovanissimi, come al pubblico verso cui si sente spinto da un'intima affinità? Tuttavia, prima che il suo talento si manifesti per quello che è, passano alcuni anni: anni di "noviziato", di preparazione, durante i quali scrive alcuni racconti di viaggi, lui stesso fa i suoi primi viaggi (questa volta reali), mette su famiglia, frequenta i circoli scientifici dove si fanno i primi voli in aerostato, coltiva amicizie fra scienziati, alcuni dei quali faranno poi da supervisori per le sue opere più avveniristiche.

Nel '63, finalmente, un colpo di fortuna: l'editore Hetzel gli pubblica il manoscritto di Cinque settimane in pallone e firma con lui un contratto ventennale. Il successo del romanzo, anche all'estero, è travolgente. Affascina, nel giovane scrittore, il sapiente dosaggio di fantasia e realtà. Il Verne che tutti conosciamo, si può ben dirlo, nasce ora; e insieme nascono i Viaggi straordinari, ossia l'insieme delle opere composte in circa quarant'anni di attività fervidissima. Elemento dominante e comune ai romanzi è quello geografico (di qui il titolo di “Viaggi” dato all’intera serie), ma vi confluisce una molteplicità di elementi: storici, scientifici, etnici, fantastici, sentimentali, umoristici, caricaturali, amalgamati con finissima arte.

Quasi nessuna regione del globo sfugge all'irrequieto e attentissimo scrutatore che è Verne; una lucida febbre di conoscenza spinge i suoi eroi addirittura nel sottosuolo e negli spazi eterei. Il mondo perlustrato in questo fantastico itinerario che si snoda per oltre ottanta titoli fa da scenario alle imprese e alle enormi capacità dell'uomo moderno; è un mondo dominabile dalle migliori energie umane. Fin dall'inizio però queste energie vengono insidiate da forze avverse, se non distruttive: l'uomo che sta per affacciarsi all’imprevedibile mondo del XX secolo è spesso obbligato a confrontarsi con esperienze d'eccezione, ed anche se il "lieto fine" non manca in quasi tutti i romanzi, non si può ignorare che, accanto a pagine entusiastiche piene di immagini vivide e sane del mondo e della natura, ve ne sono altre nelle quali Verne ha saputo descrivere con pari maestria gli effetti deleteri che potrebbero provocare, in un prossimo futuro, la scienza e la tecnica quando l'uomo ne dovesse perdere il controllo.

Nel corso del "viaggio" al quale Verne ci invita, ciò che più colpisce è proprio questo progressivo distanziarsi da un'iniziale visione bonariamente ottocentesca verso una visione più complessa della realtà, quale s'è determinata in seguito alle rapide trasformazioni intervenute nella società tra l'Ottocento e il Novecento, con la conseguente crisi dei valori tradizionali. In questo processo «l'umanità è a volta a volta attirata tra un Ottimo e un Pessimo destinati ad emergere sempre più nella futura civiltà industriale» (Giansiro Ferrata).

I "viaggi straordinari" si concluderebbero dunque con un tragico approdo? Lo scrittore non si azzarda a prospettare soluzioni. Egli però ha fatto un'opzione di fondo per l'esistenza, l'esperienza, il reale, e guarda con fiducia all'avvenire.

Indice di una personalità che, nonostante le dolorose vicende familiari, è rimasta giovane fino a tarda età, l'ottimismo di Verne ha «radice nella sua fede nell'umanità: un'umanità, quella appena nata dalla rivoluzione industriale, che a lui appare profondamente giovane, ricca di promesse ma fragile, e come tale bisognosa di una guida che incanali l’esuberanza delle sue energie. Forse a ciò si deve la fedeltà dello scrittore al “suo” pubblico: i giovani, senza il riferimento ai quali – diceva  – «nulla saprei fare di buono».

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