In un’altra dimensione
Nella prova Dio è amore, sempre. L'esperienza di una madre di famiglia.
Lello ed io partiamo da Frossasco per andare una settimana in campeggio al mare in Calabria, dove abbiamo una roulotte per le nostre vacanze estive. Il 9 luglio – giornata splendida, mare bellissimo – è il nostro 31° anniversario di matrimonio: tanti i progetti per la nostra festa, senza immaginare quello che sta per succedere. Lello è andato a fare l’ultimo bagno prima del pranzo (è appassionato di pesca subacquea), ma quando dalla riva non lo vedo più riemergere, immaginando un malore, entro in acqua anch’io e con l’aiuto di mia sorella lo tiro fuori, adagiandolo sulla spiaggia. Non reagisce. Inizio a chiamare aiuto, mentre dal cuore sale una domanda: «È questo che vuoi da me? Mi stai chiedendo questa prova?». Aderire a ciò che non so (so solo che Dio è amore) mi aiuta ad affrontare gli eventi. Mentre qualcuno chiama l’elisoccorso, mio cognato e un bagnino si prodigano per effettuare la respirazione bocca a bocca.
A Catanzaro Lello viene sottoposto a un intervento neurochirurgico che dura alcune ore. In me il senso d’impotenza e d’angoscia si trasforma in preghiera nella cappella dell’ospedale, preghiera fiduciosa che mi dà il coraggio per avvisare i nostri figli rimasti a casa: Christian, Alessia e Gabriele. A tarda sera la diagnosi: Lello rimane in stato di coma con imminente pericolo di vita. Non si può far altro che attendere.
Al rientro in campeggio, passo la notte a ricordare i nostri momenti vissuti insieme, il mio innamoramento di Dio in occasione della prima Comunione del figlio maggiore, quando ho chiesto la conversione del cuore per mio marito; e come risposta, Lello che inizia a partecipare anche lui alla messa e ai vari incontri per un cammino cristiano insieme. Cominciava così tra noi un più intenso colloquio che ci ha portati a vedere i nostri rapporti con gli altri e la nostra vita famigliare con i suoi alti e bassi sotto una luce nuova. Anche le sofferenze di Lello, orfano di padre già a dieci anni, acquistavano ora un significato.
Il mattino seguente, amici preoccupati mi mettono in contatto telefonicamente con persone a me sconosciute di Catanzaro, Sellia Marina, Sersale, ma che avrò modo di apprezzare per la loro grande disponibilità. Da parte di medici e infermieri tutto si fa per salvare questa vita appesa a un filo. Intanto passano i giorni. Non siamo soli: ci sentiamo sostenuti dall’affetto di tante persone in una catena di preghiere. Arrivano anche i nostri figli e in stazione ci appartiamo vicino a una panchina ombreggiata da alberi; in cerchio, mano nella mano, incuranti della gente che passa, attingiamo dalla preghiera la forza per affrontare la giornata e la visita in ospedale.
Sempre, nelle telefonate con gli amici di Frossasco, Pinerolo, Catanzaro, Vibo Valentia, Catania e Palermo, ricordo a tutti di chiedere non solo il miracolo ma «il bene di Lello secondo i progetti di Dio». Sì, il suo bene, perché c’è il rischio che possa rimanere tetraplegico senza la possibilità della parola, dialogando solo con gli occhi. Che vita allora dovrebbe affrontare uno esuberante come lui, già arbitro di calcio, amante di musica, fotografia, passeggiate in bicicletta, danza? Permetterà Dio questa sofferenza?
A cinque giorni dall’intervento, Lello si sveglia da solo. Gioia infinita, gratitudine e speranza. Ma occorre affrontare un nuovo intervento per superare il problema respiratorio, causato dalla presenza di acqua e sabbia nei polmoni. La tracheotomia avviene nel giorno del suo 55° compleanno. Nonostante ciò, durante la notte, sorgono delle complicazioni. E il mattino seguente la situazione precipita: sotto gli sguardi impotenti di medici e infermieri, accanto a Lello, lo invito a non preoccuparsi per noi, mentre lui va da quel Dio che lo chiama.
Non c’è spazio per piangere, urge affrontare l’organizzazione del funerale e del nostro rientro a Frossasco. In tutte queste faccende pratiche sperimento l’aiuto provvidenziale degli “amici speciali” appena conosciuti. Dopo due giorni di burocrazia, mentre veglio mio marito nella camera ardente, a un tratto squilla il telefonino dimenticato acceso e quello strumento che a volte risulta di disturbo diventa invece segno di comunione: sono amici di Vallo Torinese che vogliono dimostrare la loro partecipazione. Spontaneamente, recitiamo insieme alcune preghiere. Così avviene anche nelle telefonate con Christian ed Alessia, che per problemi di lavoro e studio sono già rientrati a casa, e con la mamma di Lello: quelle preghiere insieme ci fanno sentire più vicini.
Al rientro in aereo a Frossasco, il nostro parroco, don Virgilio, e la nostra comunità organizzano una veglia di preghiera; ci dona sollievo la scelta di lasciare Lello nella notte, anziché al cimitero, in chiesa. Quella stessa dove ci eravamo uniti in matrimonio, dove i nostri figli hanno ricevuto i primi sacramenti e dove, offrendo il nostro tempo, abbiamo collaborato nelle varie attività parrocchiali.
Ora in un’altra dimensione Lello è vicino più che mai e continua ad amarci, anche se la sua presenza fisica ci manca molto. Non c’è mattina che non passi da lui al cimitero, affidandogli la giornata: un aiuto per me e i nostri figli a cercare le cose veramente importanti come l’unità e la pace con tutti; la preghiera come sostegno quotidiano, consapevoli che non siamo soli; la speranza, senza paura di ciò che può succedere, affidandoci a quel Dio che è amore sempre, nonostante tutto.